Arte e musei, business possibile. E il turismo ci guadagna

Il Muse di Trento

Altrove – ovvero in Paesi anche nostri vicini di casa, Francia, Germania e Spagna, ad esempio –  si investono miliardi in arte e cultura, con progetti a lungo respiro sull’arco di decenni, consapevoli del ritorno in flussi turistici che un nuovo museo disegnato da un architetto di fama assicura a una destinazione. Da noi, patria dell’arte, detentrice di oltre la metà del patrimonio culturale mondiale, i musei versano in condizioni pietose, senza fondi e senza idee. Migliaia di opere d’arte giacciono abbandonate nei loro scantinati, e le nuove aperture si contano sulle dita di una mano.

Eppure tanto potrebbe venire dallo sfruttamento intelligente del nostro patrimonio e dalla sua “democratizzazione”, perché l’arte non sia un affare per pochi eletti, ma diventi traino per attirare visitatori, italiani e stranieri, nelle nostre città e renderle vive e vivaci, moderne e vere, per tutti.  I segnali sono forti e chiari, nel senso che il pubblico ama e apprezza la cultura quando è “facile” e disponibile. La riprova? Il boom di oltre 18 mila visitatori ai Musei Civici di Roma Capitale che hanno approfittato, la prima domenica di gennaio, dell’entrata gratuita prevista dalla formula Musei Aperti, lanciata dal ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini. E’ evidente che le ricadute possono essere enormi dal punto di vista economico.

A Trento un esempio di virtuosismo
Un esempio, virtuoso e concreto, lo abbiamo già: è il Muse, il Museo delle Scienze di Trento progettato da Renzo Piano e aperto a fine 2013, e già tra i dieci musei più visitati d’Italia, e il primo scientifico (piccolo appunto: non solo l’arte vende, anche la scienza è cultura). Finanziato dalla Provincia per 6,5 milioni di euro, dall’apertura ha generato un impatto economico sul territorio di oltre 50 milioni di euro.

L’arte nella hall
Non sempre si possono investire milioni in una nuova struttura, però, e quelle storiche non sono in grado di contenere un patrimonio immenso. Eppure oltre al museo ci sono altri luoghi dove esporre l’arte, e portarla allo sguardo e alla conoscenza del pubblico. Così deve avere pensato AdnKronos Culturalia, che ha proposto di offrire in comodato d’uso agli alberghi italiani opere e beni culturali che giacciono inutilizzati negli scantinati dei musei, da esporre nelle hall. L’idea ha già raccolto numerosi consensi, da Federalberghi, a Federculture al sindaco di Matera, in vista del 2019 quando la città sarà Capitale europea della Cultura. Un accordo tra pubblico e privato con risvolti da valutare attentamente, ma senz’altro suggestivo.

Il potere dei social
A volte non serve trasferire un’opera, può bastare una fotografia e un uso intelligente dei social per portare l’arte alla gente. “Musei in strada, l’arte va in città” animerà fino a metà giugno stazioni e piazze della periferia romana con 15 riproduzioni fotografiche di opere d’arte provenienti da celebri musei della capitale. Da copiare l’uso delle nuove tecnologie: l’app trasforma i telefonini in guide turistiche grazie al QR code, mentre scattandosi un selfie accanto a una delle opere esposte e presentandolo alla biglietteria del museo che la ospita, si entrerà senza pagare il biglietto.

Musei che scendono in strada, musei più o meno capaci di attrarre i visitatori e i loro consensi. Una ideale classifica è stata stilata con un mezzo innovativo, l’analisi semantica dei commenti sui social network, da Sociometrica, che fa capire cosa non piace ai turisti stranieri dei musei italiani. I commenti negativi riguardano l’organizzazione, il costo eccessivo dei biglietti, i tempi d’attesa e l’affollamento ma anche il contesto sociale negativo, con il corollario dell’aggressività dei venditori all’esterno, il pericolo di furti e borseggi e la scortesia verso i visitatori.

Vendiamoci bene
La via è tracciata insomma, e il nostro Paese ha materia prima da vendere, sotto forma di una storia e una patrimonio unici al mondo. Ma bisogna ripensare le politiche attuate finora che vedevano i Beni culturali come una sorta di Cenerentola succhiasoldi. Uscire dalla torre d’avorio, investire in modo intelligente, e capire una volta per tutte che con la cultura, davvero, ci si può mangiare, bene, e in tanti. Il mondo del turismo in primis.