La letteratura? Per il turismo è un affare

Chi conoscerebbe la marchigiana Recanati senza Giacomo Leopardi, o la siciliana Aci Trezza senza i Malavoglia di Giovanni Verga? Chi visiterebbe Eboli, in Basilicata, o la toscana Collodi se non ci fossero stati Carlo Levi e Pinocchio? La risposta viene spontanea e a suggerirla è il buonsenso: la poesia, in quanto fonte di notorietà, è una fonte di business turistico. Conferma il “verdetto” una mappatura elaborata dall’Ufficio Studi della Camera di Commercio di Monza, che attribuisce ad ogni luogo reso famoso dalla letteratura una reputazione economica. In base a questo studio, la più ricca è proprio la Recanati di Leopardi, il cui sito scarno (e neanche in inglese) dimostra che la promozione arriva da altro. L’ermo colle vale per i maceratesi quasi 1,5 miliardi di euro. Al secondo posto c’è Aci Trezza, con 826 milioni di euro, secondo le stime pari al quadruplo del valore del “brand” locale se non fosse legato alla memoria di Padron Ntoni e famiglia. Seguono nella classifica Sirmione, con le Grotte di Catullo, Eboli e quindi Collodi, alla quale si stima che il burattino più famoso del mondo abbia portato in dote di 400 milioni di euro. Come sono stati fatti questi calcoli? Incrociando una serie di dati, da quelli forniti dal Registro Imprese a quelli dell’Istat, passando per i numeri raccolti da ERI, Economic Reputation Index. In particolare, il valore aggiunto portato dalla letteratura è stato calcolato in base al valore economico del territorio e alla viviacità economica e imprenditoriale, il tutto confrontato con realtà analoghe, ma sprovviste di ‘testimonial’ atrettanto illustri.