Proposta di legge sulla sharing economy: trasformerà piattaforme in sostituti d’imposta

E’ stata presentata il 2 marzo alla Camera dei deputati in conferenza stampa la proposta di legge sulla sharing economy (clicca qui per scaricare il testo integrale) proposta da un gruppo trasversale di parlamentari impegnato sui temi dell’innovazione e della sua regolamentazione: tra i proponenti ci sono Sergio Boccadutri e Veronica Tentori del Pd, Antonio Palmieri di FI, Ivan Catalano e Stefano Quintarelli del Gruppo Misto e Adriana Galgano di Scelta civica.

Nel corso della presentazione, che qui vi proponiamo in versione integrale per gentile concessione della web-tv della Camera dei Deputati, è stato precisato che la proposta rappresenta l’inizio di un percorso e non ha ovviamente validità di legge, come anticipato da altri organi di stampa. E’ frutto di un percorso di studio durato un anno e sarà aperta a contributi esterni nei prossimi tre mesi nella forma della consultazione pubblica. Tutti potranno contribuire: al seguente link trovate laa piattaforma collaborativa realizzata dal gruppo interparlamentare sull’innovazione e gestita dall’associazione “Stati generali dell’innovazione” con possibilità di aggiungere commenti e proposte ai diversi passaggi della legge: http://www.makingspeechestalk.com/ch/comment_sea/?id_speech=45

La proposta vuole regolamentare fiscalmente tutte le piattaforme e avere quindi una valenza di sistema e non solo su singoli settori e punta a differenziare tra attività non professionali e professionali. Il limite è stato proposto nella misura dei 10mila euro di ricavi: al di sotto di questa soglia si verserà al Fisco italiano il 10% dei ricavi e le piattaforme opereranno come sostituti d’imposta. Idealmente quindi società come Uber e Airbnb dovrebbero versare questa tassa al posto di autisti e host.

Questa proposta avrebbe da una parte l’implicazione di generare un gettito fiscale sicuro: si prevedono 3 miliardi entro il 2025, al posto degli attuali 125 milioni, che verrebbero investiti in politiche per l’innovazione. Dall’altra otterrebbe l’effetto di legittimare tutte le forme di economia realizzate da non professionisti e che si sono sviluppate grazie alla sharing economy.

Chi invece supererà la soglia dei 10mila euro di ricavi verserà l’aliquota corrispondente al cumulo con gli altri redditi. Una norma che probabilmente andrà approfondita e sviluppata meglio perché sono numerose le casistiche di utilizzo professionale delle piattaforme di sharing economy magari al di sotto della soglia discriminante ma con ricavi di molto superiori provenienti dalla propria attività principale. Inevitabilmente se verrà approvata si scontrerà con le leggi che regolamentano i singoli settori. Come nel turismo dove esistono leggi regionali molto più stringenti e normative molto diverse tra regione e regione.

La proposta prevede anche altri obblighi per le piattaforme tra cui quelli di iscriversi a un registro elettronico nazionale, all’obbligo di ottenere il via libera da un’Authority e quello di comunicare i propri dati all’Istat.