Nel referendum sostenuto dai sindacati i lavoratori di Alitalia hanno bocciato il piano di risanamento dell’azienda con il 67% di no, raggiunto con una partecipazione altissima alle urne: 10.101 votanti pari al 90% degli aventi diritto al voto. I no sono stati 6816 arrivati in gran parte dal personale viaggiante che avrebbe subito i disagi maggiori dal piano con diversi esuberi, tagli degli stipendi (mediamente dell’8%) e ai permessi.

Il piano bocciato prevedeva il risanamento in 5 anni della compagnia partendo da 980 esuberi di personale a tempo indeterminato (con due anni di cassaintegrazione) e la cessazione del rapporto per 550 contratti a tempo determinato e 141 contratti esteri. Il sì al piano era la condizione necessaria perché Intesa San Paolo, Unicredit e Etihad si impegnassero sul piano industriale proposto.

Con la vittoria del no la situazione diventa complicata e in assenza di nuovi fondi Alitalia ha liquidità solo fino a metà maggio 2017.

La prima azione post referendum è la riunione del cda, convocato per il 25 aprile per “una valutazione sull’esito negativo della consultazione referendaria, che ha visto i  lavoratori di Alitalia esprimere un voto contrario al verbale di confronto siglato il 14 aprile dalla Compagnia, dalle organizzazioni sindacali e dalle associazioni professionali”, fa sapere Alitalia in una breve nota stampa.

Il cda, preso atto della situazione, potrebbe deliberare già oggi la richiesta di amministrazione straordinaria speciale.

Secondo l’Ansa questa situazione avvicinerebbe lo spettro del fallimento per l’ex compagnia di bandiera italiana perchè sarebbe “probabile la contestuale uscita dei soci per consegnare di fatto ‘le chiavi’ dell’azienda al governo”.

Governo che nelle dichiarazioni del post voto si è dichiarato ancora una volta contrario a una nuova nazionalizzazione di Alitalia: “il ministero dello Sviluppo Economico – prosegue l’Ansa – procederebbe con la nomina di uno o più commissari. E senza acquirenti o nuovi finanziatori al commissario non resterebbe infine che chiedere il fallimento della compagnia, con la conseguente dichiarazione di insolvenza da parte del Tribunale”.

Se si arrivasse a questo punto si passerebbe alla fase di liquidazione della compagnia con due anni di cassaintegrazione per tutti anziché solo per 980 e la svendita degli asset della compagnia.

Ovviamente si spera ancora di trovare soluzioni alternative e nuovi finanziatori privati ma mai come ora il tempo di Alitalia sembra essere agli sgoccioli per davvero.