Il mercato degli affitti privati vale 39 miliardi di dollari (31 miliardi di euro) , secondo quanto riporta Euromonitor International in uno studio realizzato per il Wtm. Il dato, che ri riferisce al 2013, dovrebbe crescere ogni anno di almeno un 19% da qui al 2018. Nello studio sono presenti sia gli affitti transati su piattaforme come Airbnb e Homeway, che quelli realizzati attraverso le organizzazioni locali.
Tra le regioni del mondo l’Asia da sola copre circa il 52% di tutti gli affitti globali, con, naturalmente, la Cina in primo piano, grazie alle piattaforme locali come Tujia, Mayi e Xiaozhn, visto l’assenza di Airbnb dal mercato del gigante asiatico. Questa offerta ha degli aspetti di Forza, dice la analisi SWOT allegata (ovvero Strenghts, Weaknesses, Oportunities e Threats), soprattutto nelle città e perché propone un’ottima combinazione di qualità/prezzo per gli ospiti e la messa a reddito di una stanza o di un appartamento altrimenti improduttivo per gli affittuari.
Tra le Debolezze (weakness) riscontrate dall’analisi, il fatto che sia un segmento ancora non presente nelle campagne e che ha ancora tanti lati oscuri dal lato fiscale, con la crescita del mercato nero degli affitti, nonché normativo, poiché alcune di queste proposte non seguono le regole minime dell’ospitalità richieste dalle istituzioni del luogo. Certamente sono molte le Opportunità (oportunities) sottolineate; lo sviluppo di una nuova nicchia del mercato altrimenti assente che, presto, sarà interessante anche per il turismo d’affari (vedi la proposta di Airbnb su questo, anche se diverse organizzazioni “vecchio stampo”, tipo Interhome, avevano già da tempo cavalcato questo segmento di mercato con gli affitti) .
Tra le minacce la mancanza di un quadro normativo che si basi sulle nuove esigenze del mercato, in mancanza del quale, o per la sua parcellizzazione, si vedono iniziative contro alcuni prodotti di successo della share economy come Uber, attaccata dai tassisti (leggi qui), o la stessa Airbnb, messa nel mirino da diverse istituzioni locale (leggi qui). Una mancanza di normativa che deve essere affrontata come una Sfida, per spinge i molti affittuari a registrare la propria attività per non togliere, tra le altre cose, alle autorità di pubblica sicurezza strumenti di controllo sul territorio. Soprattutto in un momento di pericolo terrorismo come questo. Speriamo di non dover leggere da qualche parte titoli del tipo “Airbnb complice di Al Qaeda”. Non sarebbe bello per Airbnb in primis, per la sharing economy tutta e, natralmente, per la destinazione dove gli eventuali terroristi si sarebbero potuti nascondere per “colpa” di questo vuoto normativo.