Va bene l’affidabilità dell’aeromobile, va bene il supporto degli strumenti e degli uomini a terra, ma quando si vola si sa: la nostra vita è innanzitutto nelle mani del pilota. A quale pilota è meglio affidarsi? A uno giovane, con i riflessi pronti, o a uno un po’ più anziano, con tanta esperienza? Risponde alla domanda uno studio della californiana Stanford University School of Medicine, pubblicato dalla rivista PLOS One, che evidenzia come i piloti più in là negli anni siano in grado di prendere migliori decisioni. Il perché è presto detto: perché il loro cervello è in grado di elaborare le informazioni in maniera più efficiente e questo vale a maggior ragione durante la fase in assoluto più pericolosa, l’atterraggio (il 40% degli incidenti avviene in questa fase).
Come spiega il professor Maheen Adamson, uno degli autori della ricerca, “nella fase di atterraggio il pilota deve costantemente integrare diverse informazioni visive provenienti sia dagli strumenti di bordo, sia da ciò che avviene al di fuori della cabina di pilotaggio”.I ricercatori statunitensi hanno verificato con una risonanza magnetica che cosa avviene nel cervello di un pilota in fase di atterraggio. Per questo sono stati creati due gruppi di piloti, uno di grande esperienza e l’altro con esperienza moderata.
Conclusione: i piloti esperti sono stati in grado di prendere la decisione più opportuna, se atterrare o meno, nell’80% dei casi, contro il 60% dell’altro gruppo. E, al contrario di quanto si potrebbe pensare, l’attività cerebrale di questo gruppo risulta dimezzata rispetto all’altro. Insomma, “l’esperienza porta a sapere cosa guardare al momento giusto”.