Alla conferenza Milano Expo 2015: un anno prima, organizzata da Business intenational tanti i relatori per “spiegare” cos’è e cosa sarà l’evento milanese dell’anno prossimo. L’intervento più seguito e applaudito quello del “primo” Expottimista Giacomo Biraghi, fondatore di Secolourbano e coordinatore Tavoli Expo 2015: “Expo è un format che costa 1,1 milioni di euro. Tipo il Grande Fratello. Lo abbiamo comprato nel 2008 e ora dobbiamo capire le regole e dobbiamo produrlo.” “Dimenticatevi Tour Eiffel, Atonium, Siviglia – aggiunge Biraghi -. Quelli sono Expo di prima e seconda generazione, noi abbiamo acquistato un format di terza generazione”.
Un po’ di storia: nel 1928 si fonda il Bie per mettere un po’ di ordine negli Expo di prima generazione, fatti senza alcuna regola. Ecco nascere il format di seconda generazione, con il 1937 a Parigi e nel 1958 a Bruxelles con l’Atonium, e fino al 1988 saremo di fronte a Expo “storici”, figli della Guerra Fredda. “Dal 2000 nasce un format nuovo; ad Hannover il primo, a Shanghai nel 2006 il secondo. Noi siamo il terzo Expo di terza generazione e poi toccherà a Dubai che, ci tengo a sottolineare, ci sta copiando tante cose” dice con una punta d’orgoglio Biraghi.
Le nuove caratteristiche della Manifestazione internazionale lo fanno sembrare un parco di divertimento, perchè deve essere “un’area accessibile con biglietto, in un dato orario, dove ci devono essere attrazioni, con tre spazi: al 20% coda (dove fare lead generation), 60% esperienza e gioco (ma non è un luogo museale, non si è liberi), e un ultimo 20% di parte commerciale: per Food&Beverage, merchandising e product, non legato all’esperienza. Inoltre ci deve essere un palisesto di eventi ripetuti sul tema dell’evento” spiega Biraghi.
“Un evento che deve essere popolare e non luogo intellettuale – sottolinea Biraghi -. Ed è quello che vuole il Bie, che lo regolamenta con tre punti che definerei folli: alla fine dell’evento tutto deve esser rimosso, la gestione è più vicino a un condomonio che a un parco, perchè all’Expo l’80% delle attrazioni sono fatte e saranno smontate da stati in piena autonomia. Infine il tema deve essere supegenerale e politically correct”.
Ma veniamo all’EXPO 2015 di Milano. Si farà? Sarà una fiera? E per questo si fa a Rho? A queste domande Biraghi si scalda: “sono tre domande da bar – afferma -. Ad oggi i lavori sono in anticipo di 23 giorni e abbiamo 100 milioni in più da spendere. Non ci sono buyer, ma visitatori, quindi non è una fiera, e, infine, la sede espositiva è per l’87,3% nel Comune di Milano”. E altre tre domande che la gente si fa Biraghi le smonta subito: “L”EXPO è un evento popolare, dove tutti i padiglioni sono diversi, dove ognuno fa quel che vuole, e quindi ci sarà tanta concorrenza. Le opere pubbliche non hanno nulla a che fare con questa manifestazione. I 18,6 miliardi di euro per le 37 opere che potranno aiutare l’evento sono costruite al 60% e, comunque, la sede dell’Expo è già ottimamente collegata. Non solo alla città di Milano”. Quindi il format non è esclusivo e neppure autentico o naturale. Gli Expo lovers sono circa 3 milioni di di persone asiatiche, che amano eventi non autentici. “Ma noi siamo italiani e abbiamo già fatto l’’Expo di maggior successo fino ad oggi: gli stati e gli sponsor contenti. Lo saranno anche i visitatori – dice convinto Biraghi -. 26 stati che non hanno mai partecipato all’Expo verranno qui con un proprio stand, che saranno 66 mentre erano 40 a Shanghai, i paesi sottosviluppati hanno stessa dignità degli altri grazi ealla nostra “invenzione” di metterli in cluster tematici e, infine, abbaimo creato uno spazio, la Cascina Triulza, dove ci sranno ben 73 associazioni Ong. Un’altra invenzione italiana”.
Infine i costi: “37 miliardi di euro di cui 1,3 di investimenti pubblici, 1,2 milioni da biglietti, da partner e dalle entrate delle spese dei visiattori all’interno della sede (il 15% dell’incassato all’interno dell’EXPO, senza Iva e senza tasse, va all’organizzazione, ndr) più 1,2 miliardi che non è altro che la somma degli investimenti dei 146 paesi che interverranno. Un evento teoricamente a costo zero!” . Per un ritorno, che secodno diversi studi, sarà di 25 miliardi di euro in sette anni. Insomma: non vale la pena esser expottimista?