Sta arrivando anche in Italia la stretta sugli affitti brevi. In linea con quanto fatto proprio di recente a New York con la Local law 18 (anti-Airbnb), il governo italiano si prepara a varare una normativa per disciplinare i pernottamenti in strutture affittate da privati attraverso le mega piattaforme digitali.
La bozza del disegno di legge – che cambia rispetto a quanto prospettato a maggio e toglie il focus sull’overtourism per metterlo sul contrasto all’abusivismo e che per entrare in vigore dovrà ottenere eventualmente l’approvazione delle camere – indica che gli affitti brevi nei centri storici dei comuni capoluoghi delle città metropolitane non possono avere una durata inferiore a due notti consecutive. Per chi non rispetta questo vincolo temporale, sono previste multe fino a 5mila euro.
Inoltre, affittare un appartamento per finalità turistiche è possibile solo se l’unità immobiliare è ubicata in un luogo diverso da quello di residenza della parte conduttrice. Il contratto di locazione viene stipulato direttamente da colui che la detiene legittimamente o tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, ovvero soggetti che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in cerca di una struttura con persone che dispongono di unità immobiliari da locare. Inoltre, l’affitto per finalità turistiche può eventualmente avere a oggetto prestazioni accessorie, quali la fornitura di biancheria e il servizio di pulizia dei locali.
C’è poi il Codice identificativo nazionale per gli affitti brevi (Cin). Al fine di assicurare la tutela della concorrenza, della sicurezza del territorio e per contrastare forme irregolari di ospitalità, il ministero del Turismo assegna, tramite apposita procedura automatizzata, un codice identificativo nazionale a ogni unità immobiliare ad uso abitativo oggetto di locazione per finalità turistiche. Chiunque concede in locazione un immobile ad uso abitativo per finalità turistiche privo di Cin è punito con la sanzione pecuniaria da 800 euro a 8.000 euro.
Il regime fiscale per gi affitti brevi svolti per finalità turistiche possono riguardare non più di due appartamenti. L’obbligo di riscuotere l’imposta di soggiorno si estende anche ai soggetti esercenti attività di intermediazione immobiliare e di gestione di portali telematici qualora abbiano incassato il canone o il corrispettivo, ovvero siano intervenuti nel pagamento dei predetti canoni o corrispettivi, in relazione ai contratti di locazione per finalità turistiche di cui alla presente legge nonché ai contratti di albergo, alloggio, o comunque diversamente denominati, conclusi con le strutture ricettive alberghiere ed extra alberghiere.
Infine è vietato concedere in locazione unità immobiliari ad uso abitativo per finalità turistiche prive dei requisiti igienico-sanitari e di sicurezza degli impianti, stabiliti dalla normativa vigente, pena l’applicazione delle sanzioni ivi previste.
I commenti
Federalberghi ringrazia ma manifesta comunque qualche critica di merito. “Continuiamo a ritenere e a ribadire – spiega il Presidente Bernabò Bocca – che chi acquista due appartamenti e li può affittare nei weekend non sta facendo un’integrazione del reddito familiare ma una vera attività commerciale, che deve essere tassata come quella di tutti gli altri imprenditori. Per noi è fondamentale che il limite salga a tre notti, oppure si deve fare il cambio di destinazione da abitativo a commerciale con tutta la normativa e la tassazione che ne consegue. Inoltre troviamo che la norma di New York sia la cosa migliore. È possibile affittare solo se l’host vive nello stesso appartamento: tu a casa tua, dove abiti, puoi fare quello che vuoi ma se lo fai in un altro appartamento è un investimento, un’attività commerciale a tutti gli effetti”.
Chiaramente, del tutto insoddisfatta l’Aigab, l’associazione italiana gestori di affitti brevi: “Di fatto – ha spiegato il Presidente Marco Celani – sono state accolte richieste del mondo alberghiero volte a introdurre limitazioni attraverso complessi adempimenti relativi agli immobili, incomprensibili restrizioni dirette volte a rendere meno conveniente il ricorso a questo strumento o rendere più complicata la vita del proprietario. Ogni proprietario in tutta Italia, che abbia più di due appartamenti messi a reddito con gli affitti brevi, sarà escluso dalla cedolare secca e costretto ad aprire partita Iva con l’obbligo di iscriversi al registro imprese e tenere la contabilità. Ancora da chiarire cosa intenda la norma per imprenditorialità perché ogni regione ha una diversa definizione. Nella peggiore delle ipotesi la norma può essere interpretata per chiunque faccia locazioni turistiche costringendo anche il singolo proprietario ad aprire partita Iva e rinunciare alla cedolare secca. Dall’articolo 6, relativo alle locazioni per finalità turistiche in forma imprenditoriale, è stato rimosso ogni riferimento alla figura dei gestori professionali, categoria di imprenditori che oggi conta circa 30mila professionisti, che si intravedeva nel precedente documento con la richiesta all’Istat di un codice Ateco specifico”.