«Il settore immobiliare è complicato per definizione e chi pensa di lavorarci facendo poca fatica, ha sbagliato mestiere». Francesca Zirnstein è Direttore Generale di Scenari Immobiliari e la complessità a cui fa riferimento aumenta esponenzialmente nel comparto alberghiero, oggetto di un recente rapporto curato dall’istituto di ricerche sull’economia immobiliare. «Nell’alberghiero il confine tra proprietà e gestione dell’immobile è assai labile – spiega Zirnstein – con vari attori coinvolti. Quando un fondo immobiliare acquista un hotel, può decidere di gestirlo direttamente, magari affiliandolo a un brand dell’hôtellerie, oppure delegare questa attività a un operatore specializzato. Inoltre, il servizio di ristorazione, che è un importante fattore di attrazione, può essere affidato a un altro soggetto ancora».
Insomma, di formule ne esistono varie, ma un aspetto emerge con chiarezza dal Rapporto 2024 sul mercato immobiliare alberghiero: l’interesse per il segmento luxury: «Gli investitori istituzionali si focalizzano soprattutto sui cinque stelle e sui cinque stelle lusso – conferma il Direttore Generale di Scenari Immobiliari – che sono due tipologie di hotel molto diverse tra loro in termini di servizi offerti e clientela. Un altro asset guardato con interesse è costituito dai resort, quindi strutture almeno in parte assimilabili ai quattro stelle, con un’offerta di servizi consistente e di buona qualità».
Tutto il resto del comparto alberghiero sotto il profilo immobiliare va considerato come un altro mercato, in cui agiscono operatori completamente diversi. «In Italia esistono circa 32.000 alberghi – chiarisce Zirnstein – e le transazioni effettuate dagli investitori istituzionali rappresentano un decimo di quelle totali. L’altro 90% delle compravendite riguarda alberghi a gestione familiare e che passano appunto di mano da una famiglia di imprenditori alberghieri all’altra. Sono strutture molto più piccole di quelle possedute dai fondi immobiliari. Mediamente in Italia un albergo conta una trentina di stanze, ma nel resto d’Europa la situazione non è molto diversa, a eccezione della Spagna che ha numeri nettamente più alti per ragioni storiche specifiche di quel mercato. I due livelli dell’immobiliare alberghiero, quello appannaggio dei fondi e quello di proprietà familiare, resteranno distinti e presumibilmente le differenze, già oggi evidenti, sono destinate ad ampliarsi».
E dunque cosa dovrebbe fare la fascia di alberghi a gestione familiare per reggere la concorrenza? «Devono evolversi – ribatte Zirnstein – puntando a far emergere le loro caratteristiche qualitative. Non a caso, nel convegno di presentazione del Rapporto 2024 sul mercato immobiliare alberghiero che Scenari Immobiliari ha organizzato a Milano in collaborazione con Castello SGR, uno dei più importanti investitori in questo segmento, si è parlato molto del modello di ospitalità italiana. Faccio un piccolo esempio concreto: oggi negli alberghi di fascia media è usuale trovare macchine per il caffè automatiche, nella convinzione che soprattutto il turista straniero apprezzi la possibilità di consumare più tazze di caffè, scegliendo in autonomia come prepararlo: corto, lungo, con o senza latte e via dicendo. Basterebbe spostare quella stessa macchina in cucina e servire il cliente, dandogli l’idea di aver preparato apposta per lui quel caffè così come lo desidera, per restituire un senso di attenzione e ospitalità completamente diverso e coerente con la tradizione dell’accoglienza familiare italiana». In sintesi, passare dal prodotto all’esperienza, che nel comparto alberghiero (e non solo) sarà sempre più l’elemento vincente.