«Il settore immobiliare è complicato per definizione e chi pensa di lavorarci facendo poca fatica, ha sbagliato mestiere». Francesca Zirnstein è Direttore Generale di Scenari Immobiliari e la complessità a cui fa riferimento aumenta esponenzialmente nel comparto alberghiero, oggetto di un recente rapporto curato dall’istituto di ricerche sull’economia immobiliare. «Nell’alberghiero il confine tra proprietà e gestione dell’immobile è assai labile – spiega Zirnstein – con vari attori coinvolti. Quando un fondo immobiliare acquista un hotel, può decidere di gestirlo direttamente, magari affiliandolo a un brand dell’hôtellerie, oppure delegare questa attività a un operatore specializzato. Inoltre, il servizio di ristorazione, che è un importante fattore di attrazione, può essere affidato a un altro soggetto ancora».
Insomma, di formule ne esistono varie, ma un aspetto emerge con chiarezza dal Rapporto 2024 sul mercato immobiliare alberghiero: l’interesse per il segmento luxury: «Gli investitori istituzionali si focalizzano soprattutto sui cinque stelle e sui cinque stelle lusso – conferma il Direttore Generale di Scenari Immobiliari – che sono due tipologie di hotel molto diverse tra loro in termini di servizi offerti e clientela. Un altro asset guardato con interesse è costituito dai resort, quindi strutture almeno in parte assimilabili ai quattro stelle, con un’offerta di servizi consistente e di buona qualità».
E dunque cosa dovrebbe fare la fascia di alberghi a gestione familiare per reggere la concorrenza? «Devono evolversi – ribatte Zirnstein – puntando a far emergere le loro caratteristiche qualitative. Non a caso, nel convegno di presentazione del Rapporto 2024 sul mercato immobiliare alberghiero che Scenari Immobiliari ha organizzato a Milano in collaborazione con Castello SGR, uno dei più importanti investitori in questo segmento, si è parlato molto del modello di ospitalità italiana. Faccio un piccolo esempio concreto: oggi negli alberghi di fascia media è usuale trovare macchine per il caffè automatiche, nella convinzione che soprattutto il turista straniero apprezzi la possibilità di consumare più tazze di caffè, scegliendo in autonomia come prepararlo: corto, lungo, con o senza latte e via dicendo. Basterebbe spostare quella stessa macchina in cucina e servire il cliente, dandogli l’idea di aver preparato apposta per lui quel caffè così come lo desidera, per restituire un senso di attenzione e ospitalità completamente diverso e coerente con la tradizione dell’accoglienza familiare italiana». In sintesi, passare dal prodotto all’esperienza, che nel comparto alberghiero (e non solo) sarà sempre più l’elemento vincente.