“L’Italia è un grande mercato, ma ciò che delude è che le precondizioni non sono state rispettate sia dalle istituzioni che dai sindacati”: lo ha detto James Hogan, presidente e amministratore di Etihad, la compagnia aerea di Abu Dhabi diventata primo azionista singolo di Alitalia (49%), in un’intervista al Corriere della Sera ripresa da Askanews.
“Con gli altri azionisti Intesa e Unicredit lavoriamo bene – afferma – ma il successo dipende da tutte le parti in causa, dipendenti inclusi. Quando il Governo mi chiese di pensarci, dissi no tre volte. Temevo che le nostre condizioni non venissero rispettate e mi preoccupava il comportamento storico dei sindacati. D’altra parte l’Italia è un grande mercato. Dunque abbiamo messo insieme un piano per il pareggio e siamo stati chiari: una rete forte, più voli intercontinentali, attenzione al traffico interno. Ma francamente al nostro arrivo Ryanair aveva il 20% del mercato. Ora ha il 50%. Mi delude, come investitore, che alcune precondizioni non siano state rispettate”.
“Una delle questioni chiave era poter usare Linate e costruire lì una base molto più forte, cambiando la legge attuale in modo da poter volare anche aldilà dell’Europa” ha detto ancora Hogan. “Purtroppo è tutto rallentato nelle procedure europee e nelle lobby interne fra Malpensa e Linate. Come investitori rispondiamo del piano industriale e alle persone di Alitalia, che sono in gamba. Ma entrando in questo affare eravamo d’accordo che ci sarebbe stato un decreto per usare meglio Linate. E il Governo avrebbe creato un fondo per rafforzare il turismo in Italia”. Questo non è successo, aggiunge, “né nel 2015 né nel 2016. Pensiamo che Alitalia vada trattata come altre compagnie nazionali: noi pensiamo alle questioni di mercato e ai conti, ma occorre che anche gli altri protagonisti dell’azienda Italia facciano la loro parte. Sono deluso anche dai sindacati. Quando ho fatto questo accordo sono stato molto chiaro con loro: avevo bisogno di tre anni di pace industriale per ricostruire l’azienda. Ora sono passati appena 18 mesi e in una vertenza per qualcosa che vale come un caffé lanciano uno sciopero”.