Tra le tante tasse che compongono il prezzo finale di un biglietto aereo, ce n’è una quasi sconosciuta. E’ il “balzello” di 3 euro su ogni biglietto aereo, a carico del passeggero, per finanziare la cassa integrazione dei piloti. E’ “l’unico fondo di solidarietà ad essere finanziato non solo dalle aziende e dai lavoratori del settore, ma prevalentemente dalla collettività, tramite il contributo di 3 euro pagato su ogni biglietto aereo, confermato da un decreto interministeriale del 20 ottobre 2015”: lo spiega l’Inps con una nuova puntata dell’Operazione trasparenza che ha l’obiettivo di informare i cittadini sulle regole previdenziali e assistenziali delle diverse categorie. Come riporta l’articolo di Enrico Marro sul Corriere della Sera, il fondo eroga un’integrazione dei trattamenti di mobilità, cassa integrazione, cassa in deroga e solidarietà. Non si capisce però, scrive ancora il quotidiano, come mai la solidarietà debba essere pagata dai passeggeri anziché dalla categoria. Anche perché si tratta di somme ingenti. In generale, l’integrazione al reddito per le aziende in crisi arriva all’80% della retribuzione: per i piloti si tratta di cifre comprese fra i 10 e 30mila euro al mese. Ancora, in questo settore la durata massima della cassa integrazione può arrivare fino a 7 anni (contro i normali 4, in alcuni casti estendibili a 6). “Il fondo speciale per il trasporto aereo – continua l’Inps – preleva circa 235 milioni all’anno dai contribuenti”. 230 milioni vengono dalla tassa di 3 euro sui biglietti e 5 milioni dai contributi di aziende e lavoratori. Lo scorso settembre, conclude l’Inps, un decreto legislativo del governo ha previsto l’adeguamento della disciplina del fondo alle norme che disciplinano i fondi di solidarietà (di norma finanziati dalle stesse categorie), ma “consentendo al fondo aereo di mantenere le peculiarità finora concesse”.