Gli italiani che nel 2013 si sono recati all’estero per ‘health tourism’ hanno superato quota 200mila, mentre nel 2009 erano stati appena 20mila, e nel 2012 invece 184mila. A mettere in evidenza i dati è stato Francesco Martelli, medico chirurgo fondatore dell’Istituto di Ricerca Microdentistry e docente presso l’Università degli Studi di Genova. Quello del turismo medico-odontoiatrico dall’Italia verso l’estero, in particolare verso i paesi dell’Est Europa, ha fatto notare il docente, rischia di diventare una piaga per il settore sanitario.
Si tratta di un business milionario che ha visto la rapida nascita di vere e proprie organizzazioni dedite a questo scopo e finanche di tour operator dedicati che offrono pacchetti medico-turistici ‘tutto compreso’.
“Alla luce dello status quo – ha spiegato Martelli – è doveroso e necessario ripensare e rilanciare il sistema sanitario italiano con le sue tante eccellenze, a cominciare da una sua più adeguata promozione all’estero”. La speranza è quella di provare ad invertire il trend. “Può accadere sfruttando il connubio tra strutture in grado di soddisfare la domanda attraverso un’altissima e comprovata professionalità medica e di ospitalità e le molteplici attrattive turistiche italiane, potrebbe riuscire anche a dare un motivo in più per soggiornare nel nostro Paese. Sono tanti i benefici che l’Italia potrebbe ricevere da questa auspicata inversione di tendenza del turismo medico, non solo direttamente e principalmente per il Pil e la Sanità, ma per l’intera economia e società”. Su queste basi sta operando la stessa Microdentistry per far sì che ciò avvenga prima possibile. “Sulla base della nostra diretta esperienza, sul lavoro compiuto in questi anni a Firenze nella formazione in odontoiatria con medici provenienti da ogni dove, e con pazienti venuti a farsi curare, con un processo inverso, oltre che dall’Europa e da altri continenti, anche e proprio dalle mete privilegiate del turismo sanitario dell’Est, come Romania, Bulgaria, Croazia, Slovenia, riteniamo oggi indispensabile e certamente proficua la creazione di un’Associazione per la promozione del turismo sanitario verso l’Italia, con la collaborazione fattiva di ogni ambito medico in accordo con Istituzioni pubbliche e private. Un organismo snello, efficace, capace di agire rapidamente per spingere avanti il Paese e la sua incredibile offerta turistica, scientifica, culturale, produttiva, e, grazie a questi assets, arrestare quel flusso di persone che sceglie sempre più spesso di farsi curare fuori dai confini nazionali e veicolarne di nuovi dai paesi emergenti”.
Per tanti connazionali, complice la crisi economica degli ultimi anni, il turismo medico si collega innanzitutto al tema del risparmio e dell’economicità. A questa motivazione primaria, fanno da corollario diversi fattori, come la rapidità dell’intervento e la quasi-mancanza di liste d’attesa.
Secondo i dati rilasciati in occasione del 12* convegno annuale AIES (Associazione Italiana di Economia Sanitaria), la durata media del soggiorno degli italiani che vanno all’estero per questa forma di turismo è stata calcolata in 9,7 notti. Nel 2012 il turismo medico ha fatto spendere ai nostri connazionali una cifra pari a 537milioni 280mila euro, di cui poco più di 95milioni per il soggiorno, oltre 84milioni per i costi di viaggio, quasi 335milioni per le cure, e 22milioni per altre spese, tra cui lo shopping. Le tre destinazioni preferite dagli italiani per l’health tourism, in particolare quello dentale, sono la Croazia (16,7%), l’Ungheria (14,6%) e la Romania (13%).
Il turismo del benessere in Italia ha fatturato nel 2012 due miliardi 175milioni di euro, ma nel 2014 è previsto che la crisi colpirà duramente il settore: si attende infatti una riduzione del 14% del fatturato, che si assesterà a un miliardo e 870milioni di euro. Le maggiori riduzioni saranno segnate dal settore dell’ospitalità – che passerà dal 67,5% del totale al 61% – e dal settore della vendita dei prodotti, che perderà un punto percentuale. In crescita la quota percentuale (ma non il dato assoluto) dei servizi benessere (che passeranno dal 21,8% al 23,5%) e dei trattamenti estetici (che passeranno dal 7,8% al 13,6%).