Mentre nel Regno Unito si volta per il Leave o il Remain nell’Ue, l’Italia del turismo fa i conti con gli effetti della possibile Brexit. Nel caso dell’uscita, non cambierebbero le condizioni d’ingresso dei turisti britannici in Italia, ma il loro potere d’acquisto potrebbe soffrirne, a maggior ragione se alla probabile recessione si accompagnasse un deprezzamento della sterlina. E’ l’analisi di Andrea Goldstein, managing director di Nomisma, ripresa dall’Ansa. Con 3,1 milioni di arrivi e 11,9 milioni di presenze nel 2014, il Regno Unito occupa la quarta posizione tra i mercati di provenienza. Per spesa giornaliera pro capite per vacanza, i britannici sono i più ‘spendaccioni’ tra gli europei comunitari (123 euro, senza però arrivare a giapponesi e cinesi, rispettivamente 194 e 184 euro). Quello dei ‘brits’ è un turismo principalmente da città d’arte e sport invernali, soprattutto in Valle d’Aosta, dove la clientela britannica pesa per 6% di tutti gli arrivi e 25% di quelli dall’estero. Un turismo che negli ultimi 7 anni si è mosso allo stesso ritmo dell’andamento del reddito, e che quindi potrebbe soffrire per la Brexit.