Non è certo un pettegolezzo affermare che possedere un’automobile oggi è un lusso. Complice la crisi e i costi – dalla benzina alle assicurazioni –, nel nostro Paese al momento si vendono più biciclette che macchine. Senza neanche tanti sacrifici o rimpianti, poi: una ricerca condotta a livello europeo dalla società di consulenza d’azienda globale AlixPartners rivela che solo il 16% dei ragazzi tra i 18 e i 29 anni è ormai realmente interessato all’acquisto di un’auto. Allo stesso tempo, si diffondono modalità di trasporto alternative, naturalmente più economico, ma pure più “eco”. Per consolarsi almeno in parte basta pensare che in questo processo di de-motorizzazione non siamo soli: in 12 anni (dal 2000 al 2012) i principali Paesi europei, ad eccezione della Germania (+16%), hanno registrato una forte riduzione nella produzione di vetture: Francia (-37%), Spagna (-34%), Gran Bretagna (-13%), Italia (-62%) e Belgio (-50%). E, per la prima volta nel nostro Paese, nel 2012 il saldo tra nuove immatricolazioni e radiazioni è stato negativo.
Insomma, stiamo assistendo a una svolta epocale: e, siccome non sempre si può andare in bicicletta, anche i modi e le mode di utilizzare l’auto cambiano.
La tendenza più rilevante, e attenta all’ambiente oltre che al portafoglio, è la crescita del car sharing, ovvero la “condivisione” di una vettura, da utilizzare a tempo e secondo il reale bisogno. Si stima che un’auto in car-sharing ne sostituisca mediamente 6 private: diminuiscono quindi le auto in circolazione e aumentano i parcheggi disponibili nelle città. Ancora, questo tipo di servizio permette all’utilizzatore di pagare solo l’uso effettivo della vettura, senza i costi fissi di manutenzione, tasse e assicurazione legati al mezzo privato e con un’assistenza continuativa.
In Germania la formula coinvolge quasi 200.000 utenti per oltre 5.500 vetture. In Europa a fine 2012 si sono serviti di questa variante dell’autonoleggio 800mila automobilisti che hanno condiviso 22.000 vetture. Per il 2020 si prevede che gli utenti raggiungeranno i 15 milioni e le vetture coinvolte saranno 240.000. Insomma, un business niente male.
Tra quelli che hanno captato la validità della formula, già in tempi non sospetti, c’è sicuramente Oliver Bremer che nel 2010 ha fondato in Italia Bla Bla car. Attraverso il sito, ci si può mettere in contatto fra autisti e passeggeri, così da condividere il viaggio (di solito si tratta di percorrenze di almeno 100 km) tagliando i costi e limitando l’inquinamento. «Il ride sharing aiuta ad affrontare la crisi e a compensare i continui rincari di carburante e pedaggi, permettendo inoltre di viaggiare in compagnia e conoscere nuove persone» dice Bremer. Il meccanismo è semplice: ci si iscrive e si decide se essere guidatore o accompagnatore; c’è anche la possibilità di scegliere il livello di loquacità dell’ospite: “bla” se si tratta di una persona riservata, “blabla” se è un tipo normale, “blablabla” se chiacchiera senza sosta. Oggi la community di autisti-passeggeri conta 5 milioni di iscritti in 10 Paesi europei.
Ovviamente, il car sharing è una necessità ancora più sentita all’interno delle città: parcheggi assenti o costosissimi, zone a traffico limitato, orari di punta impraticabili rendono pressoché impossibile l’uso della propria auto. Sono nate così – da Milano a Roma, passando per Torino e Firenze e poi giù per quasi tutto lo Stivale – diverse compagnie che mettono a disposizione parchi auto “a tempo”. In estrema sintesi, si fa un abbonamento annuale e poi si utilizza la macchina – in alcuni casi virtuosi anche elettrica – con tariffe a tempo. A Milano, ad esempio, il servizio precursore è stato GuidaMi, messo a punto con Atm, l’azienda dei trasporti pubblici milanese. Oggi conta circa 165 auto di vari modelli (un punto di forza rispetto ai concorrenti), dislocate in parking prestabiliti. La tariffa è oraria (2,20 euro all’ora più 0,45 euro a chilometro se si utilizza una Panda); GuidaMi è tra i pochissimi servizi che permette di usare le corsie preferenziali e soprattutto di viaggiare con l’auto in tutta Europa. Questo servizio, con modalità diverse a seconda delle scelte di ogni Comune, è attivo nelle principali città italiane, tra cui Bologna, Brescia, Firenze e Genova. Agli operatori pubblici si sono via via aggiunti anche quelli privati: Car2Go, ad esempio, è di Mercedes Daimler e mette a disposizione a Milano un parco auto di circa 500 Smart. Per aprire e guidare l’auto serve una tessera magnetica (e quindi non servono i parcheggi stabiliti): una app “dice” dove si trova la macchinina più vicina. Il costo è contenuto (all’incirca 0,29 euro al minuto o 14,90 euro l’ora), ma non si possono utilizzare le corsie preferenziali. Nel corso di quest’anno, il servizio sbarcherà anche a Firenze e Roma.
Si chiama invece E-vai il servizio che consente di utilizzare mezzi elettrici, a un costo tutto sommato contenuto (5 euro l’ora tutto incluso). I punti dove ritirare, consegnare o ricaricare l’auto sono una quarantina, stazioni e aeroporti compresi.
Tra le ultime novità, c’è Enjoy di Eni: il punto di forza è che non è previsto nessun abbonamento annuo, ma solo una spesa legata al consumo (0,25 euro al minuto). Altra comodità, per attivare il servizio basta registrarsi on line e, con un’apposita app, si sbloccano le serrature della macchina scelta. Anche in questo caso, non è previsto l’accesso alle preferenziali e alle zone a traffico limitato.
Dalla rapida evoluzione di questa tipologia di mobilità urbana, e non solo, è evidente che il mercato è in fermento: presto arriveranno sulla scena nazionale altri operatori con offerte ancor più vantaggiose. Naturalmente, anche gli operatori del noleggio tradizionale non stanno guardare: Europcar, oltre ad essere partner del progetto Car2Go, ha studiato tutta una serie di tariffe speciali per noleggi “occasionali” da effettuarsi nell’arco di un anno, mentre Hertz ha lanciato il progetto di noleggio self service, rendendo sempre più autonomi i clienti nella scelta, prenotazione e uso del veicolo.