Dal primo gennaio 2015 le regole cambiano. Almeno per il commercio on line, il cosiddetto e-commerce. Dallo scoccare dell’anno nuovo, infatti, entra in vigore una normativa europea che prevede che si dovrà pagare l’Iva a seconda del Paese in cui si vive e non più in base a quello in cui si trova l’azienda che vende. In estrema sintesi, chi acquista dall’Italia pagherà l’Iva al 22%. Questo è il motivo per il quale che vende servizi online dovrà aprire una posizione Iva nello Stato membro secondo il cosiddetto “regime speciale” disciplinato dagli art. 360 e seguenti della direttiva 2006/112/CE. Non è detto, però, che con questo nuovo sistema i servizi – compresi quelli turistici – costeranno di più. Qualche esempio pratico? Gli affitti brevi prenotati su Airbnb costeranno meno: la società ha infatti sede a Dublino dove l’imposta sul valore aggiunto è al momento del 23%, un punto in più che da noi. Invece costerà di più Skype, che oggi applica un’imposta del 15%. Anche le app rientrano nelle nuove norme fiscali ma, poiché i prezzi delle release sono davvero minimi, gli eventuali aumenti non si faranno sentire troppo dai consumatori.
Anche se le cose cambiano, noi italiani siamo un popolo ancora restio a lanciarci nell’ecommerce. Secondo gli ultimi dati Eurostat sull’e-commerce (si riferiscono al 2012) solo un italiano su dieci fa shopping online. Invece, secondo Confcommercio, nel 2013 il mercato del commercio elettronico, inteso come il valore degli acquisti degli italiani da siti sia nazionali sia stranieri, è cresciuto del 15% rispetto all’anno precedente, raggiungendo quota 12,6 miliardi di euro. Eppure, anche se nel nostro paese l’e-commerce è aumentato dal 2006 a oggi con tassi di circa il 20% annuo, i nostri connazionali hanno ancora qualche resistenza, soprattutto in merito alle modalità e alla sicurezza dei metodi di pagamento on line. Lo sviluppo di soluzioni di pagamento che risultino più affidabili può secondo Confcommercio “rappresentante un fattore innescante per una progressiva accelerazione del fenomeno dell’e-commerce, riducendo il livello di ansia che alcuni possono provare nell’acquistare online un prodotto senza poterlo toccare, provare, vedere dal vivo e interagire direttamente con il venditore ma solo tramite uno schermo”.
Tuttavia, chi già usa un device mobile è molto più propenso a comprare in rete. Il giro d’affari del commercio elettronico generato dal settore mobile rappresenta ormai più del 30% delle transazioni online a livello globale. In Italia, il 23% delle transazioni online nel settore dei viaggi e il 24% nel mercato retail avviene via smartphone e tablet. Di queste, in Italia, il 52% delle transazioni nel retail avviene tramite smartphone contro il 48% da tablet. Sul fronte beni, al primo posto negli acquisti on line si piazza saldamente il segmento moda e lusso, seguito però dal comparto dei viaggi.