In Italia un milione di immobili potrebbero essere locati secondo la formula degli affitti brevi. Ciò genererebbe un guadagno per i proprietari di 1,8 miliardi e ricavi complessivi per l’economia italiana di oltre 4 miliardi. A sostenerlo è uno studio di Halldis, società italiana che gestisce più di 1.850 proprietà in 25 località italiane ed europee.
A tutto ciò corrisponde l’attenzione del legislatore che ha introdotto la cedolare secca al 21% (la cosiddetta impropriamente “norma Airbnb”, che è un distributore, ma che riguarda l’interno settore delle locazioni, e quindi anche i gestori come Halldis). Legislatore che da qualche anno si sta confrontando con questa particolare realtà economica sia per regolamentarlo sia per sfruttarne parte della redditività raccogliendo le imposte che per il 2018 sono previste in 139 milioni di euro (fonte: Agenzia Entrate).
Il fenomeno degli affitti brevi è in grande crescita per il concorso di due effetti. Da un lato, la crisi del settore immobiliare degli ultimi anni, che ha perso circa un quarto del suo valore, e l’aumento delle imposte sulla casa (IMU, Tari, Tasi), attualmente attestate intorno ai 25 miliardi di euro annui (fonte: Confedilizia), hanno spinto molti proprietari a percorrere la strada dell’affitto breve in alternativa a quello tradizionale. Dall’altro lato, è in grande e costante aumento la domanda – sia turistica che business – di ricettività abitativa di breve termine (tecnicamente, compresa tra 3 giorni e 18 mesi), il cui successo è dimostrato dalla crescita spettacolare delle transazioni sui portali specializzati (tra i più importanti ricordiamo Airbnb, Booking.com, HomeAway). Oggi sono 500.000 i proprietari che hanno trovato negli affitti brevi una soluzione alle sofferenze che tuttora affliggono il real estate nonostante qualche avvisaglia di risveglio.
In Italia oggi su un totale di 34,4 milioni di abitazioni, quelle principali sono 19,8 milioni, le seconde case 5,7, quelle già locate 2,8 e quelle disponibili sul mercato 6 milioni. A ciò si aggiunga quella fetta di mercato immobiliare legato ai patrimoni rubricati nei cosiddetti crediti deteriorati (tecnicamente NPL – Non Performing Loans). Un fenomeno che la Banca d’Italia quantifica in circa 350 miliardi di euro e che rappresenta uno dei principali fenomeni sotto la lente di ingrandimento da parte delle Istituzioni di controllo delle Banche Italiane. Se solo una parte minima, il 15%, degli NPL, trovasse una soluzione di reddito attraverso il mercato dell’affitto a breve termine, si potrebbe tradurre in almeno altri 50-60 mila immobili potenzialmente da inserire nel settore degli affitti brevi, facendoli gestire da società specializzate di Property Managers come Halldis.
Sommando tutti questi dati, considerando il 20% del totale, è possibile ipotizzare che il mercato degli affitti brevi possa interessare almeno 1 milione di immobili – già operativi o che potrebbero diventarlo in tempi brevi – considerando le case disponibili, le seconde case utilizzate sempre meno dai proprietari per le loro vacanze e il mondo degli NPL.
Se questo milione di case e proprietà fosse messo a reddito ci sarebbero ritorni per lo Stato, i proprietari e l’economia complessiva. Se si applica come benchmark il fatto che l’erario prevede di incassare nel 2018 139 milioni di euro, è facile immaginare un ritorno ben maggiore. Se ci calcola un incasso medio annuo per i proprietari di 2.300 euro (dati Airbnb, una media che va da Milano a Siracusa, da Firenze a Savona) ipotizzando che siano messe a reddito 1 milione di unità, il guadagno per i proprietari sarebbe pari a 2,3 miliardi. Se si sottrae il corrispettivo del 21% della cedolare secca pari a 483 milioni di euro, ai proprietari rimarrebbe un netto di 1,8 miliardi di euro al netto delle imposte. A ciò si aggiunga il contributo delle ristrutturazioni. Secondo il dato di Halldis, il costo di una riqualificazione media è di 2.000 euro al che corrisponderebbe 1 miliardo di indotto su 500.000 abitazioni. Si consideri anche il volume di affari che l’affitto breve induce su ristoranti, bar, musei, negozi, che è stato calcolato intorno al 38% del valore lordo (dato Airbnb), il che corrisponde a 874 milioni. In definitiva il ricavo complessivo per il sistema economico raggiungerebbe i 4,1 miliardi, costituito dal guadagno dei proprietari, le ristrutturazioni e l’indotto legato al tempo libero.
“Abbiamo di fronte – afferma Vincenzo Cella, managing director di Halldis – una grande opportunità per il nostro Paese. Accettare o meno la sfida che una domanda in continua crescita – spesso internazionale – ci sta ponendo. Se l’accettiamo abbiamo un sistema win-win dove le famiglie hanno una nuova fonte di reddito, lo Stato ha un ritorno di imposta maggiore di quanto ottiene oggi, l’economia intera avrebbe un effetto virtuoso molto positivo, sia per i lavori necessari per ricollocare sul mercato questi immobili (messa a norma di impianti, ristrutturazioni, ri-arredo degli appartamenti), sia per tutto l’indotto che ne consegue per trasporti, ristoranti, musei eccetera. Col conseguente aumento di posti di lavoro che creano ulteriori circoli virtuosi.”
“Gli affitti brevi – interviene Alberto Melgrati, CEO di Halldis – possono servire per la riqualificazione di borghi e comuni depressi, dove molti immobili sono inutilizzati. Un utilizzo minimo, se non proprio nullo di questi immobili sul territorio ha un impatto negativo fortissimo sulle stesse località, tanto da metterne in discussione la stessa sopravvivenza. Ecco allora che un cambio di direzione che porti ad un utilizzo di questo enorme portafoglio immobiliare aprendolo al mondo delle permanenze temporanee potrebbe essere una giusta soluzione, importante per centinaia di migliaia di famiglie e alternativa per soggetti istituzionali in possesso di immobili di difficile ricollocazione attraverso il mercato più tradizionale”.
Fonte: dati Agenzia delle Entrate/ Abi/ Halldis 2017. Stime Halldis (*)