Per Halldis la “manovrina” finanziaria al Senato giova ai proprietari di case in affitto. Con l’approvazione al Senato del ddl n° 2853, la normativa sugli affitti brevi ora diventa legge. I fondamenti del provvedimento circa le locazioni brevi sono due: gli operatori e i portali devono essere sostituti d’imposta, e viene confermata la cedolare secca al 21%. Ne trarranno giovamento quindi le finanze dello Stato, ma anche gli operatori e i proprietari che mettono a disposizione i loro immobili.
“Il provvedimento permetterà al settore di svilupparsi in trasparenza e con regole certe e sarà un importante volano per il turismo – sostiene Alberto Melgrati, presidente di Halldis -. Allo stesso tempo il sistema guadagnerà in efficienza, ci sarà meno burocrazia e una gestione più chiara”.
Di fatto nel nostro Paese si contano 34,4 milioni di abitazioni, di cui quelle principali sono 19,8 milioni, le seconde case 13, e quelle già locate 2,8. Tolte le abitazioni destinate a utilizzi altri, o gratuiti, le case a disposizione sono oltre 6 milioni (fonte: dati Agenzia delle Entrate e Abi, elaborati da Halldis), e il mercato degli affitti brevi in Italia riguarda 500 mila immobili. Col Fisco quest’anno il Governo prevede di incassare 81,3 milioni di euro aggiuntivi, ma per Halldis, utilizzando come benchmark quanto dichiarato da Airbnb, che indica una media di 2.000 euro di fatturato annui per appartamento, il gettito complessivo potrebbe essere di 2 miliardi. Secondo Halldis, poi, mediamente in Italia il ricavo lordo potenziale per ogni proprietà messa a disposizione può ammontare a 16.000 euro annui. Al netto delle imposte e dei costi di gestione, l’introito medio è di circa 8.000 euro, che coprono ampiamente i costi sostenuti per il mantenimento dell’abitazione. Un introito che nei centri delle grandi città come Milano, Torino, Venezia, Bologna, Firenze, e Roma, può anche raddoppiare o triplicare.