Parla chiaro Carlo – o meglio Carlin – Petrini, il fondatore di Slow Food, intervenuto alla manifestazione fiorentina #BTO2015: “Il turismo del futuro? Parte dai cittadini residenti, dalla loro qualità della vita, dalla capacità di essere felici, dalla loro cura verso la terra che abitano. I turisti arriveranno di conseguenza”. In sintesi, il futuro di un paese – anche quello turistico ed enogastronomici, due fattori che oggi più che mai “viaggiano” di pari passo – dipende dal grado di felicità di chi lo abita. “Le istituzioni dovrebbero pensare al benessere anche di chi vive i territori, sempre, non solo di chi li visita. In Italia abbiamo vinto quanto abbiamo sostenuto la socialità delle nostre campagne, dei nostri villaggi. Ogni volta che chiude un’osteria, una bottega, è una perdita per tutti” spara a zero Petrini. “Noi stiamo andando verso un turismo privo di rapporto umano. Quel rapporto che invece ha reso l’Italia un posto meraviglioso”.
Così come il turismo italiano ha vinto tutte le sfide grazie alla sua enogastronomia senza confronti. Un patrimonio da tutelare con cura e rispetto.”Se vogliamo dare valore al cibo, abbiamo bisogno anche di gente che lo racconta. Dobbiamo ricostruire un ritorno. Solo per dare qualche numero: nel nostro paese i contadini rappresentano meno del 3% dei lavoratori e in media hanno più di 60 anni di età. Cosa faremo dopo? Il ritorno alla terra non è un’utopia, ma una realtà. Siccome non mangeremo computer, dovremmo tutti farci carico di aiutare chi svolge con passione attività locali, contadini, artigiani, bottegai del cibo. Questo per me è un principio di felicità, ed è stato l’aspetto distintivo del successo e dell’immagine dell’Italia” aggiunge Petrini. Il problema fondamentale, secondo il patron di Slow Food, è “La sconnessione tra una buona gastronomia e il territorio. La gastronomia è una materia complessa. La gastronomia è storia, antropologia, economia. E’ utile a un turismo vero. Quindi, basta con la gastronomia della spettacolarizzazione. Non può esistere uno chef senza contadini, pescatori, artigiani”.
E, a proposito di chef, Petrini lancia un affondo alle star mediatiche dei fornelli: “Siamo pervasi da chef maschi, ma la gastronomia si fonda da sempre sul lavoro di miliardi di donne che con poche cose sono riuscite a fare i più grandi piatti e non ricevono neanche un grazie alla sera”. E ha concluso: “Se tu vai a cercare questi chef deliranti quando visiti un posto nuovo, non apprezzi il Paese. Il Paese lo trovi nei mercati, nelle trattorie, nelle botteghe. Dobbiamo abbandonare questa idea di turismo e gastronomia d’èlite”.