A Bit 2016 il viceministro turco al Turismo, Huseyin Yayman, era stato chiaro: “La Turchia è un Paese sicuro come gli altri: Istanbul è sicura come può esserlo Milano o Berlino”.
Una presa di posizione che è suonata anche come un’accusa ai media, implicitamente complici di fare allarmismo sulla destinazione. Il corollario di questa affermazione è che la campagna 2016 di promozione della Turchia sarà incentrata principalmente sul patrimonio storico/artistico del Paese e sugli eventi in programma, come l’Expo di Antalya.
Il viceministro aveva spiegato che le misure di sicurezza in Turchia sono sempre state di alto livello e che non si possono alzare ulteriormente. Aveva citato gli endorsement di Obama e Merkel che hanno classificato il Paese come sicuro e spiegato che il terrorismo è un problema globale e come tale va affrontato: una minaccia ai valori dell’umanità.
Anche l’attentato di Ankara avvenuto pochi giorni dopo, e per il quale oggi sono state arrestate 14 persone, non ha fatto cambiare idea all’ente di promozione turco su quali siano le priorità di comunicazione in questo 2016: promozione del turismo classico (mare, cultura, storia) e delle nicchie come il Mice, il Golf e il turismo medico. Una promozione basata più sul rinsaldare gli accordi trade, da cui discende, ad esempio, la partecipazione alle fiere, a cominciare dalla Bit.
Al di là delle speculazioni mediatiche bisogna però rilevare che sono proprio gli accordi con gli operatori ad essere venuti a mancare in questo inizio d’anno, con Msc e Norwegian che hanno abbandonato gli scali in Turchia. In questa situazione viene difficile negare che non esista un problema di percezione della sicurezza.
Perse le crociere il governo turco non si è comunque perso d’animo e si è concentrato sugli incentivi per il trasporto aereo: a tutti i charter che atterrerranno in Turchia verranno infatti riconosciuti 6000 dollari di sconto carburante ad ogni rotazione. Una misura che è stata sperimentata l’anno scorso sul mercato russo e che si è rilevata efficace, anche se sposta sulle spalle di tour operator e compagnie aeree il problema di vendere la destinazione.