Con il ddl concorrenza alle battute finali si riaccende la polemica sull’articolo 50 che abolisce la “parity rate”, vale a dire il divieto per le agenzie di viaggi online di imporre contrattualmente agli hotel un prezzo per camera sui portali uguale o più basso a quello presente sul sito dell’albergo. Stavolta l’atto d’accusa arriva dall’Ettsa, l’European Technology and Travel Services Association, che rappresenta molti dei principali attori online del settore (non solo Ota, ma anche i tre principali gds e alcuni metasearch).
In un comunicato l’associazione chiede “al Governo e al Parlamento italiani di rispettare il
diritto comunitario della concorrenza eliminando il nuovo articolo del Ddl Concorrenza che introduce la nullità delle clausole di parità tariffaria perché discriminatorio verso le Ota.”
“Il cosiddetto Articolo 50 – ha dichiarato Christoph Klenner, Segretario Generale dell’Ettsa – è stato introdotto dalla Camera dei Deputati senza consultare gli operatori del settore e senza alcuno studio che valuti l’impatto della normativa, ed è molto probabile che sia incompatibile con i Trattati UE e le regole sulla concorrenza dell’Unione europea”
Quest’ultimo punto non è del tutto vero: lo scorso settembre Booking.com era stata ascoltata in audizione alla Camera proprio su questo argomento e aveva portato le sue ragioni. Abbiamo pubblicato il video dell’intervento del country manager Andrea D’amico in questo articolo.
Booking.com, così come il gruppo Priceline, non è però membro dell’Ettsa: ne fanno parte invece Expedia, Venere, Hotels.com, Trivago, Edreams, Opodo, Amadeus, Sabre, Travelport nonché Tripadvisor e Skyscanner come membri associati.
Non si può dire però che non abbiano gli stessi interessi: non è infatti la prima volta che l’Ettsa prova intervenire sulla legislazione dei singoli Stati: pochi mesi fa avevano già presentato un ricorso alla Commissione Europea contro la legge Macron, la prima in Europa a vietare le clausole di parity rate. Possibile che la stessa sorte tocchi anche all’Italia una volta che la legge sarà approvata.
“Se la disposizione venisse approvata nella sua formulazione attuale – prosegue Klenner – il free riding sugli investimenti corrisposti dalle OTA sarebbe legittimato. Così si andrebbe a minare la sostenibilità del modello di business delle OTA. In ogni caso qualsiasi disposizione che riguardi i mercati online deve essere notificata alla Commissione europea in modo che questa possa verificarne la compatibilità con la disciplina UE, come richiesto dalla Direttiva 2015/1535 “.
Il Presidente di Ettsa, Jean-Philippe Monod, ha aggiunto che l’Articolo, se approvato nella sua attuale formulazione, avrà un effetto negativo sul settore dei viaggi e del turismo in Italia: “i consumatori e gli alberghi, in particolare i più piccoli, che formano la spina dorsale del settore turistico italiano, saranno danneggiati qualora l’Articolo 50 della proposta di legge sulla concorrenza fosse approvato.”
Secondo l’Ettsa, in definitiva, nel caso l’Articolo 50 fosse adottato non porterebbe ad un aumento della concorrenza, ma piuttosto ad una discriminazione tra i cittadini dell’UE, minori investimenti da parte delle OTA, e meno visibilità per i piccoli alberghi.
Per questo l’associazione delle Ota chiede “la piena abrogazione dell’Articolo 50 o almeno la notifica dell’Articolo alla Commissione europea per il controllo di legittimità e compatibilità con il diritto europeo e il suo impatto sul raggiungimento di un mercato unico digitale paneuropeo”.
Che tradotto vuol dire: se non chiedete voi l’approvazione dell’Ue, ci penseremo noi.