Questo è un guest post di Roberto Peschiera, consulente e formatore Food&Beverage, già ispettore della Guida Michelin per oltre 20 anni. Si definisce nemico giurato delle recensioni improvvisate, inventate, false, comprate e vendute. Su Facebook ha fondato il gruppo “Gufo? No grazie“.
Con un‘espressione tanto in voga quanto abusata, oggi si parla di “web reputation” . Ma cos’è esattamente? A cosa e a chi serve? Definire sinteticamente il concetto è un difficile esercizio di semplificazione, ma ci provo riducendo il tutto a “valore commerciale”.
Costruire o distruggere la reputazione di una qualunque attività, oggi pare essere di un’imbarazzante facilità. Il web offre strumenti a cui tutti possono accedere agevolmente. Ma siamo davvero certi che questi siano utili e onestamente concorrano a creare e salvaguardare la reputazione o magari che troppi non vi facciano ricorso per distruggere quella altrui?
Come non riferirsi immediatamente al fenomeno delle “recensioni“ che oggi, in taluni macroscopici, ma certo non rari casi, ha assunto l’aspetto della gogna di antica memoria? Queste aberrazioni trovano benevola accoglienza su siti “specializzati” dove, all’ombra rassicurante dell’anonimato, chiunque può scrivere non importa cosa di un qualunque albergo o ristorante, anche senza alloggiarvi o senza consumare un pasto, dove tutto viene pubblicato sempre e comunque, senza controllo, verifica o valutazione, diventando oltretutto e sempre più frequentemente, arma di odioso ricatto da parte degli utenti a caccia di sconti, agevolazioni e altri indebiti benefici.
L’assenza di regolamentazione e le sue conseguenze
Tantissimi operatori del settore, bersagli e vittime di questa assurda situazione, destinata a degenerare ulteriormente se non interverrà una regolamentazione seria a curarne dapprima le cause e quindi gli effetti, la chiedono con forza (e un po’ di sana rabbia) … per ora inutilmente.
In assenza di normative specifiche e adeguatamente severe, il mercato delle recensioni prospera pericolosamente: intraprendenti agenzie di marketing offrono l’acquisto di pacchetti di recensioni, ovviamente ottime, con la promessa di agevolare la scalata delle classifiche e la conseguente migliore visibilità su siti che di questo mercato hanno fatto il loro odioso “core business”. Altri offrono la possibilità di far cancellare, dietro compenso, quelle negative. Le verifiche effettuate e le prove raccolte, hanno confermato il tutto.
I vertici italiani di TripAdvisor, famoso o famigerato sito di riferimento in questo ambito, affermano che, a tutela del proprio buon nome, mettono in atto “severe” misure di contrasto a queste azioni commerciali che utilizzando il loro nome e marchio, ne comprometterebbero la credibilità, nel frattempo la compra-vendita di recensioni continua a prosperare, con offerte “Silver, Gold e Platinum” diverse tra loro per numero di recensioni acquistabili e ovviamente per prezzo.
Tra tutti i siti che si avvalgono del “sistema” delle recensioni, da Google a Booking, da Trivago all’ultimo dei bottegai sulla piazza, TripAdvisor si distingue per inaffidabilità e lacunosità, evidenti e conclamate, oltre che per avido business. Vedremo più avanti le motivazioni.
Gli effetti del sistema delle recensioni
Le recensioni e i loro effetti suscitano sentimenti estremi: odio o amore, distribuiti in modo radicale, a circondare l’opinione di chi, rassegnato, si limita passivamente a subirle.
Il sistema delle recensioni presenta luci e ombre: utili quando costruttive, poiché aiutano a crescere e migliorare professionalmente, dannose quando distruttivamente danno giudizi falsi, inventati, improvvisati e insensati. In troppi casi si coglie evidente l’assoluta infondatezza delle affermazioni, quando non l’intento persecutorio e vendicativo.
Benchè TripAdvisor affermi il contrario, ai recensiti non è sostanzialmente consentito difendersi da questi attacchi, le risposte dei titolari alle recensioni troppo spesso non vengono accettate ne pubblicate in nome di un fantomatico regolamento che TripAdvisor stesso “adegua” secondo convenienza. Peraltro non è consentito scegliere se comparire o meno su questo sito e ciò ovviamente finisce per ledere pesantemente, anche in termini economici, le attività e chi con impegno quotidiano le porta avanti. Nessuna tutela, nessuna cautela e ciò dovuto anche alla scarsa attenzione, almeno sino a oggi, di chi dovrebbe invece occuparsi e preoccuparsi di tutelare i propri associati.
Si sa che l’argomento è spinoso e controverso, ma proprio per questo credo meriti una riflessione seria, onesta ed equilibrata. I gestori statunitensi del più noto tra questi siti, TripAdvisor appunto, a priori rifiutano il confronto e la correzione di quelle che definire anomalie è un simpatico eufemismo, mentre per contro sostengono tesi di assoluta correttezza e trasparenza. I loro rappresentanti italiani non perdono occasione per affermare che il loro è un aiuto alle attività recensite e al Turismo italiano. La tesi è a dir poco discutibile, specie se sostenuta da reiterate quanto poco credibili affermazioni che pare siano a tutela solo della libertà di espressione degli utenti: libertà a senso unico? Intanto offrono, a caro prezzo, la sottoscrizione di “profili aziendali”. Per farla breve, paga e potresti persino difenderti, se non paghi…
I pericoli per la reputazione online
Potrà sembrare una presa di posizione pregiudiziale ma, con tutta l’obiettività possibile, non si può non porsi qualche domanda in merito al reale valore di siti che, peraltro oggetto di indagini del Garante della Concorrenza e del Mercato, non suggeriscono il concetto di trasparenza e credibilità, proprio per le troppe anomalie e i troppi aspetti oscuri che vi stanno alla base.
Ciò che induce a qualche riflessione è il principio grazie al quale si può liberamente “sparlare” di alberghi e ristoranti mentre, in nome di ben precise e severe leggi, identico trattamento non può essere riservato ad altre categorie professionali, ad esempio medici, avvocati, notai e ogni altra categoria che abbia un forte spirito di appartenenza e sappia tutelarsi nelle sedi adeguate.
La reputazione determinata in questo modo e lasciata ai capricci di improvvisati giudici, mi pare una “moda” pericolosa, tanto più che un importante manager del gruppo statunitense di cui sopra, ha definito i suoi utenti “incompetenti frustrati che, alla fine di giornate stressanti, magari se la prendono con albergatori e ristoratori”. Questa dichiarazione pubblica, “colta” nel corso di una tavola rotonda tenutasi l‘8 ottobre del 2013 in occasione del Tourism Think Tank a Lariofiere di Erba (CO) (www.tttourism.it), ha sorpreso e non poco i presenti, tra i quali albergatori, ristoratori e qualche giornalista. Saranno lieti di saperlo quegli utenti estimatori che tanto credito danno a quel sito.
La controinformazione sul web
La rete, Facebook in particolare, offre significativi esempi di gruppi nati e cresciuti per combattere questo fenomeno ormai oltre i limiti dell’accettabilità, consultandoli è possibile “schiarirsi le idee”, se volete ecco dove potrete farlo: www.facebook.com/groups/gufonograzie/.
In questo gruppo, come in altri, la battaglia è combattuta magari in modo diverso ma con un intento comune, quello di fare informazione, metterne in evidenza le anomalie e raccogliere prove a carico di un sistema vessatorio e dittatoriale nel quale non mancano gli angoli bui.
Finire su TripAdvisor, nella stragrande maggioranza dei casi, è indipendente dalla volontà delle singole strutture, uscirne è impossibile. Le richieste finiscono ignorate o negate con motivazioni inaccettabili.
Affidabilità dei siti di recensioni e strutture inesistenti
La convinzione che quel sito sia quanto meno poco credibile, si è consolidata dopo che sono stati pubblicati e recensiti alberghi e ristoranti inesistenti, creati allo scopo di dimostrare che i tanto decantati 25 filtri, algoritmi infallibili e non ultimo un team di 200 forse 300 (?) esperti dedicati al controllo e la validazione di “ogni singola recensione”, non esistono nonostante le ripetute conferme da parte della dott.ssa Valentina Quattro, portavoce italiana del gruppo americano. Qualche esempio? L’ormai mitico inglese “da Oscar”, battello da pesca che serve pesce su ordinazione “ vado, pesco, torno, cuocio e servo” , il ligure “la Fontana Glu Glu”, una solitaria fontanella pubblica elevata a ristorante di pregio, il fiorentino “Buffetti” dai menu a base di articoli di cancelleria, al “Kashabahl”, la cui traduzione in italiano richiama il termine milanese “cacciaballe”, collocato sulle bianche spiagge di Abidjan in Costa d’Avorio, il dismesso carcere inglese “trasformato” in un lussuosissimo 5 stelle o il Regency, hotel romano chiuso da 7 anni che ha raccolto recensioni sino a pochissimi mesi fa o ancora l’Hotel Torino di Chiavari, chiuso da anni e finito in prima posizione, così come il Ristorante La Scaletta di Moniga del Garda, altro locale salito alla gloria del gradino più alto del podio, pur non esistendo. Merita citazione il caso dell’Hotel del Parco a L’Aquila, chiuso dopo il terremoto del 2009, che nel 2015 “riceveva” ancora recensioni. Per finire, da non dimenticare il giudizio, tra le “attrazioni” da visitare, del campo di sterminio di Auschwitz, sbrigativamente liquidato da un “recensore esperto” con tre pallini e un deluso: “Non aspettatevi grandi cose.”
Credo che “quel” luogo meriti assoluto rispetto e che accettare pubblicandolo, un simile giudizio, aldilà di ogni considerazione sia un insulto e un’offesa alla Storia.
Infiniti i casi in cui la sbandierata affidabilità del sito risulta, per così dire, seriamente messa in dubbio. Ecco perché utilizzare questo sito e altri similari per creare “reputazione” è pericoloso, così come lo è affidarsi ai dati che lo stesso periodicamente rilascia, per farne la base di studi, ricerche e azioni di marketing, con il rischio concreto, ma forse anche la certezza, che sia fuorviante e che sia finalizzato ad alimentare un business dai molti aspetti oscuri.
Tutti premiati, tutti contenti?
Se per gratificare e coinvolgere sempre di più i recensori vengono distribuiti “occhieggianti” gadgets, ai diversi esercizi, senza distinzione di tipologia e valore, vengono assegnate vetrofanie promozionali, mentre ai migliori viene assegnato a mo’ di premio, con la raccomandazione di esporlo in bella vista, il Certificato di Eccellenza: una vera chicca. Eccellenza dovrebbe significare il massimo punteggio, allora perché questo premio lo ostentano anche esercizi che non lo hanno raggiunto? Un premio ai migliori, che nel 2015 hanno vinto “solo” in 50.000.
La battaglia dell’Antritrust
Se anche l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha comminato a TripAdvisor una sanzione di 500.000 € per manifesta inaffidabilità e pratiche commerciali scorrette, qualche fondamento la nostra battaglia sembra averlo, anche se poi, con decisione difficile da comprendere, il TAR del Lazio ha provveduto ad annullare detta sanzione, pur confermandone le motivazioni. Resta pendente presso il Consiglio di Stato, il ricorso presentato da associazioni di categoria contro il suddetto annullamento.