Una, l’ennesima, pernacchia al “petrolio d’Italia”. Il turismo come bancomat del governo. E questa volta ad essere colpito è il turismo montano. Che potrebbe vedere una serie di fallimenti degli impianti di risalita come un incredibile domino. L’oggetto del contendere la sentenza della Corte Suprema di Cassazione che obbliga a far pagare l’Imu agli impianti di risalita, con cifre che variano dai 25 mila euro all’anno per una seggiovia a sei posti ai 50 mila per una telecabina a otto posti. E’ vero che ormai per sciare e acquistare un giornaliero bisogna fare un mutuo, ma queste cifre rischiano seriamente di mettere in ginocchio l’ennesimo comparto del turismo.
Il presidente nazionale di Anef (Associazione Nazionale Eserccenti Funiviari), Valeria Ghezzi, e il presidente veneto della stessa associazione, Renzo Minella, hanno infatti organizzato un’assemblea straordinaria per aprire un confronto con i senatori, i parlamentari e i consiglieri regionali della Provincia. A cui Ghezzi ha sottolineato che “Siamo ovviamente disponibili a pagare l’Imu sulle attività commerciali, ma non sugli impianti di risalita: sarebbe come tassare le ferrovie dello stato per le rotaie. Per di più, siamo costretti a pagare un’imposta su strutture che, alla fine della loro vita tecnica, dobbiamo smantellare, sostenendo anche questa ulteriore spesa. E’ come se i proprietari di una casa, dopo aver pagato per quarant’anni una tassa per il possesso di quel bene, dovessero rinunciare all’immobile, sborsando altri soldi per le spese di demolizione.Una follia”.