Il 52% dei musei italiani è sui social. A dirlo è un’analisi dell’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali, promossa dalla School of Management del Politecnico di Milano. Secondo lo studio, nel 2016 anche il 10% dei musei che non ha un sito internet risulta attivo su Facebook, e se il 52% dei musei possiede un account social la maggiore parte (57%) è appunto su Facebook (51%), Twitter (31%) e Instagram (15%).
L’indagine è stata condotta su un campione di 476 musei italiani, pari a circa il 10% dei musei aperti al pubblico nel 2015. All’avanguardia risultano i musei Vaticani, che oltre ad avere una pagina Facebook, ha aperto un nuovo sito web e ha in cantiere tanti progetti per incrementare i servizi online, dalla vendita dei biglietti alla visita delle collezioni. In ogni caso i tre musei con il maggior numero di page like su Facebook, oltre ai Musei Vaticani, sono la Reggia de La Venaria Reale e il MAXXI. Su Twitter primeggia invece il profilo dei Musei in Comune di Roma, seguito da MAXXI e dal Museo del Novecento a Milano. Su Instagram vince la Peggy Guggenheim Collection di Venezia, seguita dalla Triennale di Milano e MAXXI. Una percentuale più alta (62%), è presente invece su Tripadvisor, e di questi il 51% ha un certificato di eccellenza.
Inoltre, molti dei quasi 5 mila musei nazionali, tra aree archeologiche e monumenti censiti dall’Istat, sta provando a rilanciarsi sfruttando le opportunità offerte dal mondo digitale. Il lavoro da fare però è ancora tanto, riferisce la Repubblica: solo poco più della metà dispone al momento di un spazio web, spesso non organizzato benissimo, e molto spesso solo in italiano (49%). Il Mibact però sta cercando di spingere i suoi musei a diventare sempre più digital e sempre più social, anche con campagne mensili promosse con gli account ufficiali del ministero. E qualcuno si distingue più degli altri, dagli Uffizi al Maxxi, dalla Galleria d’Arte Moderna a Roma all’Egizio a Torino. ”Le istituzioni culturali si trovano oggi di fronte a una doppia sfida – commenta Michela Arnaboldi, direttore scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale – non basta attrarre visitatori, bisogna trovare il modo per comunicare il proprio patrimonio in un modo nuovo, che lo renda più prossimo alle esigenze di conoscenza ed esperienza di cittadini e turisti”.