Durante i mesi di blocco degli spostamenti il livello di interesse degli italiani per le attività culturali online è aumentato, come testimonia l’aumento degli utenti che seguono le pagine social dei musei. A parte pochi casi però, il livello di interazione è rimasto stabile. Ancora oggi circa l’86% dei ricavi dei musei deriva dalla vendita di biglietti d’ingresso in loco, e nell’indagine realizzata poco prima dell’emergenza l’investimento in sistemi di ticketing (presente solo nel 23% dei casi), gestione delle prenotazioni e controllo degli accessi era indicato come priorità per il futuro solo dal 6% delle istituzioni.
Sono queste alcune delle evidenze emerse dall’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali della School of Management del Politecnico di Milano.
“Se con i musei aperti il digitale ha rappresentato un complemento all’esperienza di visita (nelle sue molteplici sfaccettature), con la chiusura delle istituzioni culturali il digitale si è rivelato lo strumento necessario per poter offrire contenuti culturali”, dichiara Michela Arnaboldi, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio innovazione Digitale nei beni e attività Culturali.
Per quanto riguarda l’esperienza di visita on site, dall’indagine svolta su un campione di 430 musei, monumenti e aree archeologiche italiani, si osserva come le audioguide (32%), QR-code (31%) e installazioni interattive (28%) siano gli strumenti di supporto alla visita più diffusi. È importante anche contestualizzare questi dati rispetto alle infrastrutture disponibili: sempre dall’indagine emerge come ancora il 51% dei musei non sia dotato di wi-fi. Rispetto alla preparazione alla visita, i siti web svolgono un ruolo centrale per raccogliere informazioni su orari, biglietti, attività e percorsi di visita. I dati derivanti dall’analisi dei servizi offerti su internet dai musei, svolta per il terzo anno consecutivo, mostrano che l’85% dei musei ha un sito web, relativo alla singola istituzione o all’interno di altri siti, come quello del Comune. Il 76% dei musei è presente almeno su un canale social media, con Facebook che si conferma il più diffuso (76%), seguito da Instagram (45%, rispetto al 26% dell’anno precedente). Alcune istituzioni sperimentano anche canali social nati più di recente come TikTok.
Se questo è ormai vero da anni, l’esperienza del lockdown ha dato un significativo impulso alla presenza online dei musei e in parte ha dettato anche un cambiamento di marcia: dal monitoraggio di quanto è accaduto nei musei statali tra dicembre 2019 e aprile 2020 è emerso che il livello di attività online è significativamente aumentato e, in particolar modo, il numero di post sui canali social media è quasi o più che raddoppiato su tutti i canali nelle settimane di lockdown del mese di marzo 2020, mantenendosi su valori elevati anche nel mese di aprile.
“Anche il livello di interesse da parte per le attività online è aumentato, come si evince dall’incremento degli utenti che seguono le pagine social dei musei.“Il livello di interazione, invece, per i musei rimane stabile. Nel caso dei teatri, invece, la capacità di ingaggiare il pubblico nelle settimane di chiusura è aumentata sensibilmente rispetto ai mesi precedenti, soprattutto con riferimento a Facebook, su cui il numero medio di interazioni giornaliere è cresciuto del 61%”, aggiunge Deborah Agostino, direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali-
Per quanto riguarda il futuro, da un’indagine condotta tra fine 2019 e inizio 2020 emerge che la cultura della pianificazione nelle istituzioni culturali è ancora carente: solo il 24% di esse ha redatto un piano strategico dell’innovazione digitale (il 6% come documento dedicato e il 18% all’interno di un più generale piano strategico). Negli ultimi due anni poi, l’83% dei musei, monumenti e aree archeologiche italiane ha investito in innovazione digitale, concentrandosi prevalentemente su servizi di supporto alla visita in loco (48%) e catalogazione e digitalizzazione della collezione (46%), attività entrambe propedeutiche a un ripensamento della value proposition sia online che onsite.
L’investimento in sistemi di ticketing, gestione delle prenotazioni e controllo degli accessi, invece, è stato indicato tra le priorità per il futuro solo dal 6% dei rispondenti (questo nonostante solo il 23% abbia attualmente un sistema di online ticketing), così come la digitalizzazione delle attività di sicurezza e sorveglianza. Ancora oggi l’86% dei ricavi da biglietteria deriva, pertanto, dalla vendita diretta in loco. Inoltre, tra i musei che hanno un sistema di controllo accessi (93%) prevale lo stacco del biglietto d’ingresso (71%), rispetto a sistemi automatizzati come lettori di codici a barre (11% su carta e 6% su display) e tornelli o varchi contapersone (7%).
Un’ulteriore condizione abilitante la trasformazione è l’investimento sulle persone: attualmente il 51% dei musei non si avvale di nessun professionista, interno o esterno, con competenze legate al digitale. Il restante 39% dispone di competenze interne e/o ricorre a consulenti esterni per la gestione del digitale, ma solo il 12% ha un team dedicato composto da più persone.
Tra i driver su cui è necessario investire nei prossimi anni, conclude l’Osservatorio, ci sono i servizi come la vendita di immagini per finalità di ricerca, riproduzione e commerciali (già offerti dal 32% dei musei) e i servizi di abbonamento per l’accesso a servizi tramite sito web e applicazione (2%).