Un settore resiliente, dal positivo impatto sul sistema paese e con un futuro promettente sotto il profilo della crescita. È questo il ritratto del comparto turistico fatto da esperti e investitori immobiliari. Professionisti che vivono di numeri e su quelli – e non certo su semplici sensazioni – basano le loro analisi. «Dal 1980 al 2000 – esordisce Mario Breglia, fondatore di Scenari Immobiliari – i movimenti turistici mondiali sono passati da 200 milioni a 650 milioni. Una cifra che si è nuovamente triplicata tra il 2001 e il 2022, chiuso con 1.900 milioni di spostamenti turistici. Se si continuasse con questo ritmo, nel 2045 potremmo superare i 5 miliardi a livello globale e questo vorrebbe dire che a muoversi per ragioni turistiche sarebbe quasi il 40% della popolazione mondiale, contro meno del 10% dei primi anni 2000».
Attenzione: ciò non significa che sia tutto semplice, perché i flussi turistici – come ricorda Breglia – sono crescenti nel lungo periodo, ma nel breve possono soffrire di instabilità politiche, economiche o di altra natura: «Basti pensare alle conseguenze dell’attacco alle Torri Gemelle nel 2001 e della pandemia a partire dal 2020. Ci sono inoltre Paesi che si sono aperti al turismo internazionale, per poi richiudersi. È il caso della Russia e, seppur per motivazioni diverse, della Cina e dell’India. Se guardiamo all’Italia – prosegue Breglia – l’aspetto positivo è che sono emerse destinazioni turistiche che anche solo dieci anni non erano considerate tali. Teniamo presente che livello mondiale l’ospitalità, escludendo la ristorazione, vale 10.000 miliardi di dollari e rappresenta quasi il 10% del prodotto interno lordo globale. Si tratta, però, di un mercato competitivo, che va affrontato in un’ottica di sistema, facendo rete e organizzando l’offerta in modo tale da rispondere a una domanda che abbiamo visto essere solida».
Sempre adottando una logica di sistema, è utile avere chiare le idee su quale clientela si vuole conquistare e sono ancora i numeri a fare da guida: «Oggi l’1% della popolazione mondiale controlla il 45% della ricchezza globale – afferma Schiavo – e se restringiamo la forchetta, scopriamo che lo 0,2% ne controlla il 37% circa. Puntare sul lusso non è un discorso classista, ma economico: se per ogni euro speso in ospitalità, mediamente se ne spendono altri due in servizi come lo shopping e il food & beverage, nel segmento luxury si sale a tre euro. Essere in grado di intercettare la clientela alto spendente ha ricadute positive sull’intero settore».
Schiavo cita la Puglia, che grazie a un buon lavoro di squadra tra operatori e territorio, in termini di infrastrutture e marketing, è riuscita ad affiancare a un turismo di fascia media – che è tuttora presente e importante – un’offerta top luxury, che l’ha resa una meta molto ambita dai grandi brand dell’hôtellerie. «Un altro caso emblematico è la Costa Smeralda – continua l’Amministratore Delegato di Castello SGR – che pur con un numero di posti letto abbastanza risicato, è il campionato mondiale del turismo, in cui tutti vogliono essere presenti e dunque investire. A mio avviso, l’ospitalità va considerata un’infrastruttura che inizia laddove finiscono le altre infrastrutture, intese come aeroporti, strade e autostrade. In termini di investimenti immobiliari, questo significa lavorare non con un approccio mordi e fuggi, limitato a due o tre anni, ma dandosi orizzonti temporali più ampi. Con la consapevolezza che riposizionando l’offerta alberghiera e accrescendo i flussi turistici si innesca un circolo virtuoso fatto di più occupazione, maggiori introiti fiscali per le casse pubbliche e impatto positivo sul territorio e sull’economia locale».