Forse Gasparri sapeva cose che i comuni mortali non sanno. E, dall’alto del suo ruolo ha cercato di avvertirli. In un modo un po’ burino, moderno s’intenda, ma lo avrebbe fatto in fin di bene… Perché si sa che Ntv non naviga in buone acque da mesi, a causa degli alti costi di gestione del business e dei ritardi accumulati per far partire l’attività e per sviluppare il network. La Repubblica infatti scrive che nelle prossime prossime settimane la società fondata nel 2006 da Luca di Montezemolo, Diego Della Valle, Gianni Punzo e Giuseppe Sciarrone potrebbe annunciare l’avvio delle procedure per la messa in mobilità di 300 dipendenti su un totale di circa mille, peraltro già in contratto di solidarietà. Un taglio del 30% del personale che potrebbe intaccare un servizio d’eccellenza, assai apprezzato dai circa 6,2 milioni di viaggiatori che hanno usato sino ad oggi i treni Italo forniti dalla francese Alstom.
Il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari ipotizza quindi anche un possibile fallimento della società, a causa di perdite arrivate a 156 milioni di euro in due anni, per un debito a quota 781 milioni di euro e con un capitale che solo nel primo trimestre di quest’anno si è ridotto di un terzo. Malgrado gli ottimi risultati operativi. Ma dopo la guerra dei prezzi scatenata da Trenitalia, per i quali la Ntv ha presentato un ricorso all’Antitrust, il decreto competitività del ministro dello Sviluppo, Federica Guidi, avrebbe dato la mazzata finale ai conti Ntv, terminando il regime tariffario agevolato, introdotto nel 1963. Ntv, che già paga 120 milioni l’anno per l’accesso alla rete, ne dovrebbe aggiungere un’altra quindicina, affossando ancora di più i conti. Per i quali Ntv ha messo in campo la banca d’affari Lazard, per rinegoziare l’esposizione con gli istituti creditori, in testa Intesa SanPaolo.