Guardatela adesso, così come è, da domani potrebbe non essere più possibile, potrebbe non essere più la stessa. Parliamo di Palmyra, la città siriana che nell’antichità fu soprannominata la Sposa del Deserto. Oggi questa sposa rischia che il deserto diventi la sua tomba definitiva. La storica località dell’est della Siria, per lungo tempo vitale fu centro carovaniero, tanto da essersi meritata la definizione di Sposa del Deserto, dai viaggiatori ed i mercanti che attraversavano il deserto siriano che collegava l’Occidente (Roma e le principali città dell’impero) con l’Oriente (la Mesopotamia, la Persia, fino all’India e alla Cina). La città visse il suo massimo splendore tra il I ed il III secolo d.C., quando Traiano e Aureliano allungarono la via colonnata e costruirono l’agorà e vari templi. Oggi è sede di importanti testimonianze archeologiche che fanno parte del patrimonio dell’Unesco e che sono sotto la minaccia dell’Isis.
I combattimenti in corso nella regione infatti, hanno visto i jihadisti dell’esercito dello sceicco nero giungere a pochissimi chilometri (fra due e cinque) dal sito archeologico e tutto lascia temere che se questi riusciranno a raggiungerlo, le testimonianze di Palmyra non avranno sorte diversa da quella avuta dai siti iracheni nei mesi scorsi dove i combattenti hanno distrutto la città assira di Nimrud e l’antica città di Hatra.
La leggendaria città del deserto, dimora della regina Zenobia che si oppose, secondo la tradizione, tanto all’impero romano come a quello persiano, ha già resistito agli eventi che si succedono in quelle aree instabili dal punto di vista politico. Con l’avanzata dell’Isis, il mondo ora teme per la sorte del tempio di Baal, dei colonnati del Decumano, del teatro e anche dei Propilei che hanno retto nel corso dei secoli a più di un terremoto.
La zona dove si trova il sito archeologico di Palmyra è controllata dal governo, ma è considerata d’importanza strategica data la sua posizione vicina ad alcuni giacimenti di gas e sulla strada tra Damasco e la città orientale Deir al Zaour, di cui esercito e ribelli si contendono il controllo. Il timore è che possa ripetersi la devastazione del patrimonio culturale avvenuta in Iraq.