Da Sydney parte la crociata contro gli affitti privati. Quindi, contro siti come Homeway o Airbnb, che fanno di questo business la loro ragion d’essere. Proprio a Sydney Airbnb aveva lanciato con grande successo la possibilità di dormire all’interno dell’Ikea, grazie a un accordo con il colosso svedese dell’arredamento. L’amministrazione municipale ha infatti minacciato multe per ben un milione di dollari a tutti coloro che affittato una casa o una parte di essa senza esser registrati come Bed&Breakfast e aver effettuato i lavori necessari che l’amministrazione ritiene obbligatori in un B&B. Quali, ad esempio, possedere una cucina commerciale, visto che si deve comprendere almeno la colazione nella tariffa. Una colazione di cui l’amministrazione deve conoscere il menù.
Il tutto suona tanto come un atto burocratico “all’italiana”, ma gli australiani non scherzano e hanno adottato questo escamotage per riuscire a controllare il grande business sorto attorno agli affitti privati: solo su Airbnb sono 7600 le proposte nell’area di Sydney (Ikea a parte). I proprietari si lamentano, soprattutto perché vogliono offrire solo un servizo di pernottamento e non di colazione e che quindi non hanno nulla a che vedere con i Bed&Breakfast. Che naturalmente, sottoposti a una rigida regolamentazione (essì, anche in Australia), non sono affatto contenti di boom come siti alla Airbnb. E a Sydney fioccano anche le denunce di vicini (e, magari anche di qualche Bed&Breakfast…) contro alcuni affittuari privati. Insomma un caos. A cui anche l’amministrazione catalana ha cercato di mettere un freno, anch’essa a colpi di multe. Ma tornando alla situazione australiana, il responsabile di Airbnb per Australia e Nuova Zelanda Sam McDonagh, ha rilasciato questa dichiarazione ai media. Piuttosto accomodante: “al momento nel Nuovo Galles del sud (lo stato dove si trova Sydney, ndr) vige una regolamentazione sugli affitti turistici abbastanza confuso, mentre nel Queensland o a Victoria la normativa sugli affitti temporanei è chiara e non dà alcun problema agli affittuari”. Dopo il fornte Uber-Tassisti ecco che per la sharing economy si apre un altro fronte di battaglia contro gli affitti privati sulle piattaforme Web. A quando una vera battaglia contro l’elusione fiscale di molti big del web?