I passeggeri turbolenti, che tengono durante il volo comportamenti violenti, distruttivi o che possono costituire un pericolo per gli altri, sono sempre di più. Ma le modalità con cui questi comportamenti vengono perseguiti non sono efficaci. La ragione è presto detta: risalgono a oltre cinquant’anni fa. A richiamare l’attenzione sul problema è Iata, l’associazione internazionale del trasporto aereo che rappresenta 240 compagnie, che generano l’84% del traffico nei cieli. Come ha sottolineato Tony Tyler, direttore generale e CEO di Iata all’apertura della conferenza dell’International Civil Aviation Organisation a Montreal, la Convenzione di Tokyo è stata firmata nel 1963. In base a questo accordo, i passeggeri violenti sono perseguiti secondo le leggi dello stato in cui l’aeromobile è stato registrato. Il che significa, oggi, in un Paese che spesso non è né quello in cui l’aereo atterra, né quello del vettore che ha operato il volo. Insomma, il procedimento legale rischia di… perdersi strada facendo. Per questo Iata esorta i governi ad eliminare le scappatoie legali che permettono ai passeggeri violenti di non incorrere nelle sanzioni della legge.