Si toglie più di un sassolino dalle scarpe Mauro Moretti, ad di Fs Italiane, durante la presentazione del Piano industriale del gruppo 2014-2017 stamattina a Milano. Rivendicando a suon di numeri il lavoro fatto nell’arco della sua presenza al timone del gruppo Fs in questi anni: “Quanto sono arrivato io alla guida di questo gruppo non c’era la fila per fare l’amministratore delegato – afferma con una punta polemica Moretti -. Nel 2006 eravamo alla soglia di un fallimento che sarebbe stato molto doloroso sia per i lavoratori del gruppo che per i cittadini italiani. Poi c’è stata la crisi economica internazionale e quella dell’Italia. Noi, io ma anche tutti quelli che sono qui al tavolo con me (indicando tutti i top manager seduti alla sua destra e alla sua sinistra, un’immagine che per alcuni simbolisti ricorderebbe l’Ultima Cena, ndr) , lavorando 14 ore al giorno abbiamo raddrizzato i conti portando un margine Ebitda da meno 9,7% del 2006 a un più 23,1% dello scorso anno, mentre tutti i principali concorrenti l’hanno in contrazione, e continui investimenti. Tutto in autofinanziamento”.
Le tante slide presentate, con un taglio più industriale-finanziario e meno studiate graficamente a differenza di altre appena viste sui media di tutto il mondo, raccontano di un piano che punta a crescere in tutti i settori in cui Fs opera, dal long haul in Italia e all’estero, nel trasporto universale, anche quello su gomma, nelle merci, nel settore progettuale, con obiettivi ben chiari: “Una crescita dei ricavi a 9,5 miliardi, con una media di un più 3,5% all’anno, con una forte redittività, che non ha eguali in Europa e neppure in Italia per aziende con dimensioni come la nostra – spiega Moretti , che continua togliendosi i sassolini dalle scarpe messigli lì da alcuni politici -. Questa è una storia di fatica. Non di giochetti, magari per avere mezzo minuto di notorietà. Noi abbiamo obiettivi economici sfidanti. Non temiamo di essere misurati sui risultati. Lo chiediamo. Ma vorremmo che tutti lo siano. Capisco Renzi che dice che i debiti li hanno fatti prima di lui. Ma anche da noi altri hanno fatto i debiti. Che, però, paghiamo noi. Noi siamo gli unici a sostenere la liberizzazione al 100% in tutta Europa. Siamo più piccoli ma siamo i più efficenti come struttura industriale rispetto a DB a Sncf. Una liberizzazione che serve per avere migliori servizi e produrre valore per i cittadini”.
Una liberizzazione che deve partire da un’asse Roma/Berlino, che non ha nulla però a che vedere con il secolo scorso delle dittature, “perché siamo i paesi dove si è liberalizzato di più in questo settore. Anche se in Germania lo stanno facendo con la regia dello stato e dei Lander e lo si sta facendo a step – sottolinea Moretti -. Mentre da noi molti mentono sapendo di mentire dicendo che non c’è concorrenza: nella Valle Padana, la regione più profittevole d’Italia, operano i cinque big d’Europa: Sncf, insieme a Ntv, Db, noi, che siamo terzi nel Continente, le Ferrovie svizzere, SBB, e quelle austriache, OBB. Con una miriade di sigle anche per il trasporto merci”. Tutte realtà che hanno alle spalle politiche di sviluppo statali che prediligono questo tipo trasporto: “in Italia addirittura i servizi extraurbani su gomma ricevono più corrispettivi pubblici, 17,2 cent a passeggero/chilometro, contro i 13 cent nostri, cifra che comprende anche gli ammortamenti pe ri nuovi treni – dice Moretti -. Corrispettivi che non hanno paragoni all’estero: in Germania si parla di 18,5 cent a passeggero/chilometro, in Francia addirittura 24,5 cent. Senza, in molti casi, comprendere la spesa per i nuovi treni”. Nuovi treni che vedono la flotta di Trenitalia di arricchirsi con 50 Etr 100, “che ci consentiranno di sbarcare sempre di più anche all’estero ineisme agli Etr650” commenta Moretti, ma anche ben 435 treni locali: 200 nuovi, di cui 90 Vivalto, e 235 completamente rinnovati.
Sulla quotazione così su alcuni investimenti da tempo programmati, come il terzo valico o la Salerno- Reggio Calabria (essì, c’è anche per la ferrovia questo buco nero delle infrastrutture…) Moretti rimanda, ancora, alla politica. Così come per il suo stipendio, neganod i aver aperto alcun Trenomercato: “Tutti sanno che sono molto italiano. Non vorrei più parlare del mio stipendio, che, ci tengo a sottolineare, è in calo da anni (partì da 1,6 milioni di euro, ndr). Attenderò la proposta e poi deciderò. Come dice Renzi ‘lui sarà capace di convicermi’. Ora voglio solo aggiungere – chiosa l’ad di Fs con grande orgoglio – che questa è una piccola e buona storia, fatta di sfide, di fatica e di lavoro. Di fatti. Senza tante parole. Fatta da una squadra forte, i ferrovieri, di cui io sono il portavoce pro-tempore”.