Sicilia: nuovo patrimonio Unesco ma turismo allo sfascio

La Sicilia ha appena ottenuto dall’Unesco il settimo patrimonio dell’umanità, la prima pratica agricola: lo zibibbo (nella foto un grappolo della preziosa vite)

Trasporti e infrastrutture pessimi, hotel indecenti o splendidi ma carissimi, musei e siti archeologici chiusi al sabato e la domenica, senza luci e informazioni, siti web sconfortanti. Sarebbero queste le ragioni delle scarse perfomances turistiche della Sicilia, regione peraltro splendida e ricca di tesori artistici e culturali che ha appena ottenuto dall’Unesco il settimo patrimonio dell’umanità, la prima pratica agricola: lo zibibbo.

I numeri parlano chiaro: nonostante abbia più riconoscimenti di Siria e Thailandia, il turismo in Trinacria langue, tanto che nel 2012, dati Enit, l’isola ha avuto circa 6 milioni di presenze straniere contro gli 8 milioni della Campania, i 19 della Lombardia, i 22 della Toscana e gli oltre 40 milioni del Veneto. Nel 2013 i viaggiatori stranieri hanno speso nell’isola 1.100 milioni di euro, pari ad appena un trentesimo dell’incasso complessivo italiano. Le minuscole Baleari, per andare all’estero, fanno undici volte più turisti e accolgono quattordici volte più voli charter. Secondo Fondazione Res, la visibilità dei siti museali siciliani è pessima: accettabile o buona solo per il 26%, per il 16% scarsa, per il 24% minima, per oltre il 33% inesistente.

In tanto squallore l’Unesco ha già avvisato che se non si corre ai ripari, qualche riconoscimento verrà revocato. Il rischio vero però è che un patrimonio unico al mondo sia distrutto e una delle opportunità migliori che ha la Sicilia per uscire da crisi economica e arretratezza sia irrimediabilmente sprecato.