Il sindacato respinge le accuse: “Se gli arabi lasciano Alitalia non è colpa nostra”. Il sindacato in questione è la Uiltrasporti ed a definire bene le cose, dal suo punto di vista, è il segretario nazionale Claudio Tarlazzi attraverso le colonne de Il Tempo.
Tarlazzi chiarisce alcuni aspetti della vicenda: “La riduzione del costo del lavoro e la nuova parte normativa del contratto nazionale del comparto, punti sui quali abbiamo fatto presente le nostre contrarietà, li ha chiesti Alitalia e non Etihad. La richiesta degli arabi era quella relativa agli esuberi, gli altri dossier richiesti dall’azienda, ancora tutta italiana, sono indipendenti e riguardano la riduzione del costo del lavoro e la definizione del contratto nazionale”.
Il punto fermo rivendicato dalla Uil sulla questione è rafforzato dal fatto che, fa sapere il segretario nazionale Uilt, il suo sindacato sta per diventare il primo in Alitalia. Circa 200 piloti Ugl infatti, starebbero passando dalla sua parte della barricata dando più forza al sindacato che vuole negoziare, precisa Terluzzi, e non rompere.
Negoziare quindi, su cosa? Due i punti. “Il primo – spiega Tarlazzi al quotidiano romano – è il tempo a disposizione per consentire i risparmi di 31 milioni di euro all’azienda. Sei mesi sono un periodo troppo breve e i tagli in busta che i lavoratori devono sopportare troppo elevati”. La richiesta è quella di una dilazione di almeno 12 mesi.
Il secondo punto consiste in una diversa rappresentanza degli interessi del personale navigante e di quello di terra, categorie minoritarie ma che per Tarlazzi rappresentano delle esigenze specifiche che vanno in qualche modo salvaguardate, evitando che si creino dele situazioni di prevaricazione di una categoria sulle altre.
Il sindacalista non crede che queste diatribe possano portare al fallimento della trattativa fra Alitalia ed Etihad.
“Il fallimento dell’alleanza non dipenderà certo dalle questioni del lavoro. Non sono affatto preoccupato. La dimostrazione è nel fatto che Alitalia aveva fissato la deadline per l’accordo il 25 luglio scorso. Dopo, si sarebbe aperto il baratro. La deadline è passata e nessuno si è tirato indietro. Segno che le pressioni a volte sono strumentali”.
Tarlazzi ribalta quindi la colpa dell’impasse sulla Compagnia: visti i conti è evidente il bisogno di liquidità e le conseguenti pressioni per chiudere l’accordo. Da parte sua, l’apertura al dialogo non viene meno: “E’ chiaro che per i due punti contestati dalla Uiltrasporti basterebbe l’applicazione del buonsenso. Lupi ascolti le nostre contestazioni, non mi sembra siano delle condizioni impossibili da risolvere”.