Rafting, spedizioni archeologiche, ecoturismo, trekking, arrampicate: sono le attività del turismo d’avventura, un modo di viaggiare che sta vivendo un boom a livello internazionale. L’Unwto, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di turismo, insieme all’Adventure travel trade association, ha stilato l’Adventure tourism market study, un rapporto analitico dedicato al settore. Un settore in grandissima crescita: il giro d’affari dello scorso anno si aggira intorno ai 263 miliardi di euro, con un incremento addirittura del 195% circa sul 2011. Un incremento derivato sia da un maggiore accesso al turismo sia dalla domanda di vacanze originali ed emozionanti.
Il fenomeno è multiforme e non facile da definire con una formula. Più semplice è dire quello che non è: non è turismo di massa, crociere e viaggi all inclusive. Si tratta piuttosto di una specie di elaborata evoluzione del turismo giovanile da zaino in spalla, il tradizionale backpacking. Il turismo d’avventura incoraggia pratiche ecosostenibili, supporta le economie locali e attrae i cosiddetti “resilienti”, viaggiatori con un alto titolo di studio, attenti e con una buona capacità di spesa attratti dalle novità. Secondo lo studio, il 57% dei turisti d’avventura sono maschi e il 43% donne, anche se per quest’anno il rapporto sembrerebbe ribaltato: 47% uomini e 53% donne. Nel 37% dei casi posseggono una laurea, l’11% svolge un’attività professionale, guadagnano in media 46.800 dollari l’anno e provengono, come i turisti “normali”, per il 69% da Europa, Nord o Sudamerica. Infine, secondo i dati Unwto, buona parte del fenomeno è legata alle economie in via di sviluppo in Asia, Europa centrale e orientale, Medio Oriente e Africa. Ma il dato che più colpisce è il seguente: anche un settore così particolare, con trasferte spesso difficili da organizzare, sta vivendo una disintermediazione: ben il 71% degli statunitensi, ad esempio, i viaggi se li organizza da sé.