Il turismo è una risorsa, una ricchezza, una fonte di occupazione. Ma quando è troppo fa male. Lo dimostra il caso di San Gimignano, oggi una specie di Disneyworld del Medioevo, in cui il turismo ha spazzato via tutti gli altri settori produttivi e fatto scappare i due terzi dei residenti. E la stessa sorte, con qualche differenza, potrebbe toccare a Firenze, dove oggi ci sono quasi 6.000 turisti per chilometro quadrato. E a Capri, dove si lotta per far sì che traghetti e aliscafi attracchino “solo” ogni 20 minuti e dove ogni anno in media arrivano 4 milioni di persone. Come riporta tgcom24, in Italia si riaccende il dibattito su come e se limitare gli accessi alle destinazioni cult nazionali, da qualle storico-artistiche a quelle naturali.
Sui passi delle Dolomiti, per esempio, si pensa a misure come ticket e accessi a numero chiuso, prendendo ad esempio l’isola di Pianosa, dove sono ammessi solo 250 turisti al giorno, obbligati tra l’altro a utilizzare non le proprie barche, ma quelle che svolgono servizio di minicrociera.
Apripista con Venezia negli anni 80 – quando il sindaco Mario Rigo aveva proposto dei tornelli per entrare in piazza san Marco – l’Italia non è la sola ad affrontare questa riflessione. Anzi, qualcuno è già arrivato alle conclusioni, come l’arcipelago delle Baleari, dove dall’1 luglio si paga la “tasa turistica”. Non è molto diversa dalla nostra tassa di soggiorno (si paga da 50 centesimi a 2 euro a notte a testa, in base alla sistemazione) ma sembra essere adottata più per ridurre i flussi che per contribuire ai bilanci dei comuni. In ogni caso, l’introito previsto ammonta a ben 60 milioni di euro. Vedremo…