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Turismo, solo il 6% delle imprese conosce “bene” i suoi clientiERT

Il settore turistico italiano non conosce i propri clienti. Solo il 6% delle imprese dichiara di avere una buona conoscenza dei profili, dei gusti e delle preferenze dei visitatori, mentre il 38% non ne ha una conoscenza sufficiente. Sono i dati del rapporto sulla digitalizzazione dei canali di vendita nel turismo realizzato dagli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano e Minsait.

Secondo il rapporto, il percorso delle aziende verso la creazione di una relazione coerente e integrata con i turisti è ancora lungo. Solo il 2% delle aziende ha instaurato con loro una relazione continuativa e duratura nel tempo, mentre il 37% riesce a farlo solamente su alcuni canali di contatto e/o solo per alcune categoria di clienti (ad esempio i più fedeli) o di attività (ad esempio nel pre-vendita, ma non nel post-vendita). Quasi due terzi delle imprese, invece, interagisce con i propri clienti solo nel momento dell’effettiva vendita o fruizione del servizio.

Una situazione di immaturità che impedisce di avere una visione completa dei turisti nazionali e internazionali che scelgono l’Italia come destinazione. Solo il 27% delle imprese del settore ha infatti raggiunto la cosidetta Single Customer View, mentre il 43% ha iniziato a costruirla solo con alcuni dei dati a disposizione. Tra i rimanenti, circa un terzo non ha ancora integrato nessuna tipologia di dato, ma ci sta lavorando.

Tutto ciò si ripercuote sulla qualità dell’offerta in un settore centrale per l’economia italiana. “Quello che fa davvero la differenza nel nostro settore turistico è offrire un’esperienza personalizzata e indimenticabile ai nostri visitatori. E questo significa avere un modello di turismo veramente intelligente. Dobbiamo essere aperti alla rivoluzione tecnologica e digitale per avvicinare le nostre meraviglie nel modo migliore ai nostri visitatori. E questo significa concentrare l’innovazione in tre aree prioritarie: Dati, Customer Experience e Phygital”, afferma Alberto Bazzi, direttore di Digital Business Technologies di Minsait in Italia.

I dati: la chiave per un turismo intelligente

La raccolta dei dati sui turisti e sulle loro esperienze di viaggio e il loro utilizzo sono processi fondamentali per il paradigma del turismo intelligente. I dati rappresentano un patrimonio informativo immenso, che può aiutare le aziende e gli enti locali ad analizzare il comportamento dei turisti e a identificare le tendenze emergenti, al fine di migliorare l’offerta turistica e di adattarla alle sempre mutevoli esigenze del mercato. La raccolta dei dati, inoltre, può aiutare a monitorare l’impatto del turismo sulle comunità locali e sull’ambiente”, spiega Bazzi.

Nel turismo italiano, i principali canali di contatto utilizzati nella relazione con i visitatori sono i social media, i siti web proprietari, l’email e i contact center, presidiati dalla quasi totalità delle imprese del settore. Per quanto riguarda i canali transazionali, emergono le strutture ricettive (ad esempio gli hotel e i villaggi vacanze) e i siti web, che svolgono un ruolo chiave anche nelle attività di customer relations e di comunicazione unidirezionale, affiancati dalle agenzie viaggi (di proprietà e di terzi), social network, contact center e siti di aggregatori online.

Tuttavia, la presenza in questi canali non garantisce un’efficace integrazione dei dati raccolti. Il settore, infatti, non ha ancora raggiunto una vera omnicanalità: solo il 16% delle aziende analizzate nel settore afferma di essere in grado di tracciare i propri clienti su tutti i canali, mentre il 60% riesce a farlo solamente su alcuni dei canali (ad esempio su quelli digitali). Il 24% delle imprese non è invece in grado di riconoscere i clienti quanto si interfacciano con i canali aziendali.

Il 51% delle aziende turistiche, infine, ha iniziato a raccogliere le informazioni in un singolo database o in più database comunicanti tra loro; sebbene resti ancora lontana una vera integrazione digitale, in quanto le imprese non hanno ancora un’infrastruttura tecnologica evoluta, come ad esempio un’architettura a microservizi o un Digital Integration Hub.