Vendere le opere d’arte per risanare il debito di Venezia è la proposta choc del suo sindaco, Luigi Brugnaro. Le opere in questione sono la Giuditta II di Gustav Klimt e Il rabbino di Vitebsk, di Marc Chagall entrambe conservate al museo di Ca’ di Pesaro. A queste si potrebbero aggiungere altre opere dei Musei Civici per un valore complessivo di 400mila euro, che verrebbero messi all’asta per pagare il debito di oltre 60 mlioni di euro relativi al Piano di Stabilità.
“La situazione di bilancio di Venezia è nota a tutti. In mancanza di altre risorse, la necessaria salvaguardia della città potrebbe anche dover passare attraverso la rinuncia ad alcune opere d’arte cedibili perché non legate, né per soggetto né per autore, alla storia della città”, dichiara il sindaco. La proposta divide i due critici d’arte Philippe Daverio e Vittorio Sgarbi. Se per il primo sarebbe assurdo provare a sanare i buchi del bilancio vendendo opere dei musei per Sgarbi la proposta di Brugnaro è geniale, anche perché potrebbe “indurre il mondo a creare un comitato internazionale disposto a raccogliere una somma pari al valore che la Giuditta di Klimt raggiungerebbe in un’asta”.
D’altronde “soltanto cattive amministrazioni e uno Stato ignaro o criminale possono aver ridotto una città ricca come Venezia alla condizione di deficit di bilancio – aggiunge Sgarbi – Il ministro Dario Franceschini è stato precipitoso nel mostrarsi tutore di un principio che non esiste, l’inalienabilità dei Beni culturali, mentre intorno a lui (…) insigni monumenti e grandi musei sprofondano nel degrado”.